Parte seconda
10. Le sindromi dolorose distrettuali

10.a Le sindromi loco-regionali: approccio multidisciplinare

Indice dell'articolo

Introduzione

Le sindromi Loco-Regionali (LRs) sono un vasto insieme di condizioni cliniche a carico dell’intero sistema neuro-muscolo-scheletrico. Nella maggior parte dei casi condividono lo stesso meccanismo patologico, ovvero sono il risultato di una lesione creatasi in seguito a uno specifico evento, trauma o attività, siano essi singoli o ripetuti nel tempo.

La diagnostica di queste condizioni cliniche è complessa, visto che non esistono test di laboratorio né strumentali patognomonici. È pertanto necessaria un’ottima conoscenza delle strutture anatomiche, a cui vanno affiancati un’anamnesi esaustiva e un esame obiettivo neuromuscolare completo che includa un’attenta palpazione, la valutazione dei Ranges Of Motion (ROM) delle zone colpite, sia passivi che attivi, anche contro-resistenza. Solo dopo aver concluso questa prima valutazione sarà possibile stabilire il corretto work-up diagnostico e terapeutico.

Alla luce di quanto riportato finora, risulta chiaro che la gestione delle LRs dev’essere multidisciplinare e includere il trattamento farmacologico sistemico e locale, l’intervento riabilitativo, l’educazione del paziente e la chirurgia.

Le LRs d’interesse reumatologico possono verificarsi come eventi isolati o associarsi in vario modo tra loro, oppure essere secondarie ad altre patologie articolari infiammatorie, quali le artriti e le spondiloartriti, a patologie degenerative quale l’osteoartrosi, a malattie del connettivo o a patologie neurologiche o neoplastiche. L’inquadramento terapeutico deve pertanto tenere in considerazione tutti questi fattori ed essere personalizzato al paziente. Verranno quindi elencati soltanto alcuni riferimenti terapeutici generali, da considerarsi come basi di partenza per la personalizzazione della strategia terapeutica.

Le LRs possono essere classificate per meccanismi patogenici (ad esempio infiammatorie/degenerativo-meccaniche), per sede colpita (ad esempio articolari, tendinee, muscolari ecc.) o più semplicemente per regione anatomica. È nostra personale opinione che la suddivisione per distretti anatomici sia preferibile, giacché facilita la comprensione dei meccanismi fisiopatologici alla base di tali condizioni ed è un valido aiuto in sede diagnostica differenziale e di terapia.

Le patologie a carico della regione della spalla sono trattate in un capitolo separato (cfr. cap. 10.b).

Classificazione per regioni anatomiche

Gomito

- Borsite olecranica.
- Epicondilite e sindrome del tunnel radiale.
- Epitrocleite.
- Tendinite e rottura completa o parziale del tendine bicipitale distale.
- Borsite cubitale.
- Tendinite tricipitale.
- Rottura del tendine tricipitale.
- Intrappolamento del nervo ulnare.

Mani e polsi

- Ganglio.
- Tenosinovite di De Quervain.
- Sindrome da intersezione.
- Tenosinovite del polso.
- Sindrome del pronatore rotondo.
- Sindrome del nervo interosseo anteriore e posteriore.
- Neuropatia e paralisi del nervo radiale.
- Cheiralgia parestetica.
- Sindrome del Tunnel Carpale (STC).
- Sindrome da intrappolamento del nervo ulnare al polso.
- Tenosinovite dei flessori palmari (“dita a scatto”).
- Malattia di Dupuytren.

Anca e bacino

- Borsite trocanterica.
- Borsite dell’ileopsoas.
- Borsite ischiatica.
- Sindrome del piriforme.
- Meralgia parestetica.
- Coccigodinia.

Ginocchio

- Cisti di Baker.
- Borsite anserina.
- Borsite pre-patellare.
- Sindrome della plica medio-patellare.
- Tendiniti poplitee.
- Sindrome di Pellegrini-Stieda.
- Tendinite patellare.
- Rottura del tendine del quadricipite femorale e patellare.
- Neuropatia e paralisi del nervo peroneo comune o sciatico popliteo esterno.
- Sindrome femoro-rotulea.

Caviglia e piede

- Tendinite e rottura del tendine achilleo.
- Borsite achillea.
- Borsite retro-calcaneare.
- Fascite plantare.
- Tendinite/rottura del tibiale posteriore.
- Lussazione del tendine peroneo.
- Alluce valgo.
- Dita a martello.
- Metatarsalgia.
- Piede piatto e piede cavo.
- Neuroma di Morton.
- Sindrome del tunnel tarsale.

Parete toracica anteriore

- Sindrome di Tietze.
- Costocondriti.

Disturbi della regione del gomito

La borsite olecranica è la reazione infiammatoria della borsa sottocutanea secondaria a un trauma o come espressione di patologie quali la gotta, la malattia da deposito di cristalli di pirofosfato di calcio o l’Artrite Reumatoide (AR). Le forme idiopatiche sono spesso legate a micro-traumatismi ripetuti secondari ad attività lavorative. Il sintomo caratteristico è la tumefazione olecranica: il dolore può essere presente ed evocato dalla palpazione, ma non c’è limitazione dei movimenti. Il trattamento prevede in genere l’aspirazione del liquido sinoviale seguita da infiltrazione di corticosteroidi e la protezione dai traumi. Nelle malattie da deposito di microcristalli può essere eseguito il lavaggio bursale. A oggi non è stata indicata alcuna terapia fisica riabilitativa.

L’epicondilite (“gomito del tennista”) è una patologia assai frequente in tutti i soggetti sottoposti a stress delle braccia. Il sintomo caratteristico è il dolore in corrispondenza dell’epicondilo o leggermente spostato in avanti, evocato dal movimento specie contro-resistenza. Le cause più frequenti sono le attività lavorative o sportivo-ricreative. Il quadro è sostenuto dalla degenerazione del tendine estensore comune e dell’estensore breve radiale del carpo. La sindrome del tunnel radiale è dovuta all’intrappolamento del nervo radiale al gomito e si manifesta con un corredo sintomatologico molto simile all’epicondilite. La supinazione dell’avambraccio forzata contro-resistenza evoca un dolore maggiore in questa sindrome rispetto all’epicondilite; inoltre, in casi più avanzati, è possibile notare un deficit di estensione del dito medio.

Il trattamento si basa sulla correzione dei fattori favorenti (modifica dell’attività lavorativa o di quelle ricreative), sull’educazione del paziente, sul rinforzo della muscolatura dell’avambraccio. Sono poi eseguite tecniche manipolative per le contratture; per queste e per il dolore può essere utilizzato il kinesiotape. I trattamenti fisici d’elezione sono gli ultrasuoni a contatto e la laserterapia. L’uso di farmaci antinfiammatori può essere d’aiuto nelle prime fasi, come pure la terapia infiltrativa locale.

L’epitrocleite (“gomito del golfista”) provoca un dolore in sede mediale (epicondilo mediale o epitroclea),che si esacerba con la resistenza alla flessione del carpo. È meno frequente e invalidante dell’epicondilite ed è causata dalla degenerazione dell’inserzione del tendine flessore radiale del carpo. Il trattamento è identico al precedente.

La tendinite del tendine bicipitale distale può provocare un dolore sordo localizzato alla fossa antecubitale, esacerbato dal movimento di flessione e supinazione contro-resistenza. Il trattamento prevede riposo, antinfiammatori o infiltrazione locale di farmaci. Nessuna terapia fisica è stata tuttavia approvata. La rottura del tendine bicipitale distale è un evento raro, accade di solito in corso di sforzi prolungati e si caratterizza per la comparsa di dolore improvviso, ecchimosi e tumefazione del braccio per retrazione del ventre muscolare. Il trattamento è chirurgico per la rottura completa o conservativo per quella parziale.

La borsite cubitale si manifesta con tumefazione della fossa antecubitale, a cui può associarsi una limitazione alla pronazione. Si manifesta di frequente in corso di AR o di altre artriti infiammatorie. Il trattamento è conservativo, con riposo ed eventuale aspirazione e infiltrazione di corticosteroidi.

Nella tendinite tricipitale il dolore si localizza nella regione posteriore del gomito, esacerbato dall’estensione specie se contro-resistenza. È causata in genere da overuse del braccio e del gomito, particolarmente in alcune attività, come il lancio o l’uso prolungato di martelli o strumenti vibranti. Il trattamento è conservativo. Le rotture sono rare e solitamente causate da trauma diretto; nelle lesioni complete il trattamento d’elezione è quello chirurgico.

La sindrome da intrappolamento del nervoulnare è dovuta a una compressione del nervo al suo passaggio nel gomito e provoca intorpidimento, dolore e parestesie dalla regione laterale del gomito che s’irradiano al IV e V dito. Il paziente può riferire la sensazione di usare la mano in modo maldestro. La sintomatologia può essere evocata dalla pressione diretta sul canale ulnare. In alcuni casi è presente la lussazione del nervo. Le cause più comuni sono da traumatismo ripetuto da cause lavorative, da allettamento, da anestesia prolungata o da malattie articolari infiammatorie. Pertanto il trattamento prevede la correzione dei fattori favorenti (sono da evitare i movimenti ripetitivi del gomito in flesso-estensione, le rotazioni ripetute dell’avambraccio e le posizioni che mantengono il gomito in flessione prolungata), il rinforzo della muscolatura e l’uso di tutori notturni (o, se necessario, anche diurni) che limitano la flessione del gomito. Il fisioterapista può eseguire manovre di neurodinamica (o gliding nervoso) consistenti in mobilizzazione del nervo attraverso glide (scorrimento), il quale consente di variare la tensione del nervo nelle diverse zone. In alcuni casi non responsivi si ricorre al trattamento chirurgico.

Disturbi della regione del polso e della mano

Il ganglio è una formazione cistica della capsula articolare o delle guaine tendinee localizzata più frequentemente nella regione dorsale del polso. Il ganglio è rivestito da sinovia e contiene fluido di consistenza gelatinosa. La causa è sconosciuta, ma il trauma e l’estensione prolungata del polso sembrano essere i principali responsabili. Il dolore non è sempre presente, ma, soprattutto se il ganglio è di grandi dimensioni, può causare dolore specie durante la flesso-estensione del polso. Il trattamento, quando indicato, consiste nell’aspirare il materiale gelatinoso. Un tutore da riposo è generalmente consigliato per prevenire la recidiva.

La tendinite di De Quervain è un processo infiammatorio o strozzatura della guaina del tendine estensore breve e abduttore lungo del pollice. I movimenti, prolungati e ripetitivi di pinza a polso flesso o esteso ne sono la causa. Si associa con l’osteoartrosi della trapezio-metacarpale. Il dolore è localizzato alla base del pollice e si estende alla regione dello stiloide radiale; il test di Finkelstein risulta spesso positivo e può essere presente una tumefazione visibile. Il trattamento consiste nello splinting associato all’uso di antinfiammatori, laser e ultrasuoni. La terapia infiltrativa è spesso risolutiva, se correttamente eseguita sotto guida ecografica.

La sindrome da intersezione è sovente confusa con la tenosinovite di De Quervain, date la stretta vicinanza anatomica e la sintomatologia simile. Il quadro è sostenuto nel punto d’intersezione e incrocio tra l’estensore radiale lungo e breve del carpo, e l’abduttore lungo e l’estensore breve del pollice. Si tratta di una condizione che si verifica più di frequente in alcuni sport, quali quelli di racchetta, il sollevamento pesi e il canottaggio. Il dolore è esacerbato dai movimenti di torsione radiale del polso; a volte è apprezzabile un crepitio da frizione. Il trattamento consiste nello splinting a riposo del polso e del I raggio, associato a terapia antinfiammatoria o infiltrativa.

Molto frequenti sono le tenosinoviti del polso, che possono riguardare indistintamente i tendini flessori o estensori. Le attività lavorative e ricreative ripetitive e i traumi sono i principali responsabili di tali affezioni, spesso confuse con artriti o spondiloartriti. I sintomi variano, dipendendo da quali tendini sono coinvolti. Il trattamento prevede il riposo temporaneo, associato alla terapia farmacologica e a quella riabilitativa. Utile l’uso di splint statici di polso. Importante, ove possibile, è la correzione dei fattori scatenanti.

Una condizione non comune e spesso di difficile diagnosi, data la similarità con la STC, è la sindrome del pronatore rotondo. In questo caso la compressione del nervo mediano è a livello, appunto, del pronatore rotondo. Il segno caratteristico è la dolorabilità della regione prossimale di quest’ultimo, che si acutizza alla pronazione forzata contro-resistenza. La compressione sul ventre muscolare provoca parestesia e dolore dopo 30 secondi o meno. Le cause più probabili sono i traumi o le attività che includono movimenti ripetitivi di pronazione e presa sostenuta. L’intervento riabilitativo (tutore, terapia occupazionale, manovre neurodinamiche) è volto alla decontrattura del pronatore rotondo. Nei casi non responsivi è d’elezione la correzione chirurgica.

Le sindromi del nervo interosseo anteriore e posteriore sono due condizioni rare. Raramente il paziente percepisce dolore, visto che sono nervi prevalentemente motori. Nella sindrome anteriore il paziente non riesce a formare una “O” col pollice e l’indice per la compromissione del movimento, mentre nella sindrome posteriore è compromessa l’estensione delle dita alle metacarpo-falangee. Questa sindrome è frequente in corso di AR ed è dovuta alla compressione nervosa da parte della proliferazione sinoviale; spesso viene confusa con la rottura degli estensori oppure deriva da sforzi intensi ripetuti in supinazione e pronazione. Il trattamento riabilitativo deve prevenire le rigidità secondarie attraverso la mobilizzazione passiva e l’uso di tutori; inoltre l’elettrostimolazione previene la fibrosi del tessuto muscolare denervato.

Il tipo più comune di neuropatia o paralisi del nervo radiale è la sindrome del canale spiraliforme, dove il nervo viene compresso contro l’omero a causa di un traumatismo o di una pressione prolungata (ad esempio da stampelle). La manifestazione clinica caratteristica è la caduta del polso con metacarpo-falangee flesse e pollice addotto, associata a dolore, parestesia o anestesia del lato dorsale dell’avambraccio e delle prime tre dita. Il danno neurologico si risolve di solito nell’arco di alcune settimane, in cui il confezionamento di uno splint di polso e mano previene lo stiramento delle strutture muscolo-tendinee. Successivamente andrà sviluppato un protocollo riabilitativo di recupero del tono e del trofismo muscolari.

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Figura 1 — Splint dinamico per il nervo radiale

La cheiralgia parestetica (neuropatia radiale superficiale) è più comune di quanto si pensi e provoca dolore bruciante, intorpidimento e formicolio in sede dorsoradiale del polso, del I e del II dito. Iperpronazione e flessione ulnare del polso accentuano il dolore. Bracciali e cinturini troppo stretti sono cause ben note di cheiralgia parestetica. I traumi, i movimenti ripetitivi, il diabete, il ganglio, le iniezioni endovenose e gli interventi chirurgici sono altre cause possibili. La neuropatia si può risolvere spontaneamente col tempo, se vengono allontanate le cause. Il trattamento, quando necessario, prevede lo splinting e la terapia farmacologica o la neurolisi chirurgica nei casi non responsivi.

La Sindrome del Tunnel Carpale (STC) è la causa più comune di parestesia e intorpidimento delle mani. Il nervo mediano e i tendini flessori passano attraverso uno stretto tunnel indeformabile, costituito dalle ossa del carpo e dal legamento trasverso, quindi ogni processo patologico a tale livello è in grado di comprimere il nervo mediano che innerva i muscoli dell’eminenza tenar, i lombricali radiali e la cute del lato palmare e volare del pollice e del II, III e la metà radiale del IV dito. I sintomi variano da soggetto a soggetto e in base alla fase di malattia, e solitamente sono il dolore, le parestesie e l’intorpidimento a poter essere esacerbati da attività come guidare o maneggiare oggetti sottili o pesanti. I test di Tinel e Phalen sono spesso positivi; nei casi cronici si assiste all’atrofia progressiva dei muscoli dell’eminenza tenar. Sovente si manifesta bilateralmente.

Numerose patologie possono causare la STC, l’edema post-traumatico e quello in corso di gravidanza, malattie infiammatorie come le artriti e la gotta, malattie del connettivo, osteoartrosi, deposizione di sostanza amiloide nelle amiloidosi secondarie e mieloma multiplo, mixedema e acromegalia; così come molte infezioni, quali la tubercolosi, l’istoplasmosi e la rosolia. Spesso, però, non è possibile risalire ad alcuna malattia e non è riconoscibile una tenosinovite che giustifichi il quadro. Tra le forme idiopatiche, lo stress occupazionale pare essere la causa più frequente.

Il trattamento consiste in un approccio multidisciplinare tra terapia medica (antinfiammatori e terapia infiltrativa locale), trattamento riabilitativo comprendente confezionamento di splint statico in leggera deviazione ulnare da indossare di notte, gliding del nervo mediano e terapia manuale dell’arto superiore e chirurgico (decompressione).

Il nervo ulnare può essere compresso a monte del canale di Guyon, nel canale stesso o a valle. Il nervo ulnare, all’ingresso del canale di Guyon, si biforca nei due rami superficiale e profondo, quindi il corredo sintomatologico può variare in soltanto sensitivo, soltanto motorio, o entrambi, a seconda di dove viene compresso.

Il quadro completo di sindrome da intrappolamento del nervo ulnare si manifesta con dolore, parestesie e intorpidimento della regione ipotenare, con presa debole e impaccio nella pinza col pollice, fino all’atrofia dei muscoli ipotenari, degli intrinseci e dei lombricali ulnari. La pressione sull’uncino dell’uncinato provoca dolore sul territorio d’innervazione dell’ulnare. Le cause sono simili a quelle della STC, come pure il trattamento.

Le tenosinoviti dei flessori delle dita sono alquanto frequenti e si associano sia all’osteoartrosi che alle artropatie infiammatorie secondarie ad attività lavorative o ricreative, che richiedono un’aumentata forza di presa o un micro-traumatismo ripetuto sulla superficie palmare delle dita. La tenosinovite impedisce il normale scorrimento del tendine attraverso le guaine e le pulegge. Clinicamente, si manifesta con dolore di solito localizzato alla base delle dita e progressiva rigidità nel movimento. In alcuni casi si crea un nodulo fibroso o un rigonfiamento sul suo decorso che impedisce il normale scivolamento del tendine attraverso le pulegge di scorrimento (“dito a scatto”). Quando tale ostacolo è vinto, il paziente accusa il tipico scatto del dito. Quest’ultimo può restare bloccato in posizione flessa, obbligando il paziente ad aiutarsi con l’altra mano per raddrizzarlo. Il trattamento può essere sia infiltrativo che chirurgico, a cui andrebbero sempre associati una riabilitazione mirata e, in alcuni casi resistenti, anche il confezionamento di uno splint da riposo. Altre cure fisiche potrebbero essere testate per valutarne l’efficacia.

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Figura 2 — Splint a riposo per la tenosinovite dei flessori

La malattia di Dupuytren si caratterizza per una progressiva contrattura dell’aponeurosi palmare, che compare all’inizio con la formazione di piccole nodularità, generalmente non dolorose, che in seguito progrediscono nella contrattura. Il IV raggio è quello più colpito, seguito, in ordine di frequenza, dal V, dal III e dal II raggio. Il tendine e la guaina tendinea non sono colpiti, mentre la cute lo è spesso, portando al fissaggio con la fascia. La causa è sconosciuta, ma sembra esservi una predisposizione ereditaria. Il trattamento varia in base alla gravità e allo stadio di malattia. Nelle fasi precoci è indicato il trattamento infiltrativo locale associato alla terapia fisica e riabilitativa, mentre nelle fasi più avanzate l’opzione chirurgica è necessaria.

Disturbi della regione dell’anca e del bacino

La borsite trocanterica, per quanto molto comune, è spesso non diagnosticata. Il sintomo caratteristico è il dolore localizzato nella regione trocanterica e laterale della coscia, che si accentua al cammino e stando appoggiati o stesi sul lato colpito. L’esordio può essere acuto, anche se ben più frequentemente è graduale nell’arco di mesi e viene spesso confuso con un dolore radicolopatico. Per formulare il corretto sospetto diagnostico, è sufficiente palpare la regione trocanterica, il che provoca la comparsa d’intenso dolore (tender point). Il movimento di extrarotazione e abduzione contro-resistenza in genere conferma la localizzazione. La borsite è spesso additata come la causa principale, sebbene derivi dall’inserzione del tendine del medio e del piccolo gluteo.

Questa condizione si associa sovente all’osteoartrosi del rachide lombare e della coxofemorale, alla scoliosi e alla dismetria degli arti inferiori.

Il trattamento può essere farmacologico locale, anche infiltrativo, da associare alla riabilitazione locale sui glutei e sulla fascia ileotibiale e del rachide nonché alla correzione dei difetti posturali e degli appoggi.

La borsite dell’ileopsoas provoca dolore localizzato nella regione anteriore della coscia, che si accentua con l’iperestensione dell’anca. Il paziente di frequente mantiene la coscia lievemente flessa ed extraruotata per alleviare il dolore e zoppica per non estendere la coscia. Si associa spesso a ripetuti traumatismi (ad esempio sportivi) o in concomitanza di processi infiammatori cronici della coxofemorale (artriti).

Il trattamento è preferenzialmente conservativo, con infiltrazioni locali guidate. Nei casi di frequenti recidive si ricorre all’exeresi chirurgica.

Assai meno osservata è la borsite ischiatica, provocata da traumatismi ripetuti nella regione della tuberosità ischiatica (stare seduti a lungo su superfici dure). Il dolore è localizzato e può irradiarsi lungo la regione posteriore della coscia ed è facilmente evocabile con la palpazione diretta. La conferma può essere fatta con l’ecografia o la RM. Il trattamento è conservativo e devono essere consigliate le norme d’igiene (uso di sedute comode).

La sindrome del piriforme si caratterizza per dolore e parestesie della regione glutea, che possono estendersi seguendo il decorso del nervo sciatico, simulando una sciatalgia, con la quale è spesso confusa. Anche se non si conoscono di preciso le cause di tale patologia, il trauma della regione glutea (ad esempio caduta o incidente automobilistico) è spesso il fattore scatenante. La flessione della coscia in adduzione e intrarotazione evoca il dolore. L’esame della conduzione nervosa può rilevare il coinvolgimento del nervo sciatico in regione glutea. Il trattamento è conservativo e comprende la riabilitazione, e gli può essere associato il trattamento infiltrativo guidato del muscolo piriforme con antinfiammatori e anestetici.

La meralgia parestetica è causata dalla compressione del nervo femoro-cutaneo superficiale (L2-L3), che causa dolore urente intermittente, iperalgesia e intorpidimento della regione anterolaterale della coscia. La sensibilità tattile e quella puntoria possono essere diminuite, mentre il dolore può essere evocato premendo sul legamento inguinale appena medialmente alla spina iliaca anteriore superiore. Questa condizione si osserva spesso nei pazienti diabetici e obesi e nelle donne in gravidanza. La perdita di peso e la correzione degli appoggi spesso alleviano il problema e a esse può venire associato un trattamento infiltrativo locale con corticosteroidi e anestetici. Gli anestetici locali possono essere d’aiuto nelle fasi iniziali.

La coccigodinia si manifesta quando viene applicata una pressione diretta al coccige. Le cause non sono mai state studiate, ma è probabile che sia dovuta a una contusione ossea. Il paziente affetto da coccigodinia caratteristicamente si siede spostando spesso il peso da un gluteo all’altro per evitare la pressione diretta. Sono più colpite le donne, probabilmente per la lordosi lombare più marcata, che espone maggiormente il coccige. La seduta comoda con cuscini adeguati e il trattamento infiltrativo locale sono spesso sufficienti a risolvere il quadro. Una radiografia va sempre eseguita, specie se è presente un trauma in anamnesi, per escludere la frattura o la lussazione del coccige.

Disturbi della regione del ginocchio

Le cisti di Baker sono molto comuni e si associano a tutte le patologie del ginocchio nelle quali si può formare versamento intrarticolare, come le artriti e l’osteoartrosi, oppure secondarie a traumi.

La comunicazione tra la cavità articolare e la borsa del semimembranoso-gastrocnemio è spesso presente con un tramite che agisce come una valvola unidirezionale comandata dalla pressione intrarticolare che si crea col versamento sinoviale. Il paziente riferisce dolore in regione poplitea, che si esacerba alla flesso-estensione completa, anche se buona parte delle cisti di piccole dimensioni sono del tutto asintomatiche. In caso di rottura della cisti o di compressione dei vasi poplitei si può assistere a un quadro clinico mimante una tromboflebite.

La terapia dipende dalla causa associata (artrite, artrosi ecc.) e comprende l’aspirazione e l’infiltrazione di farmaci. Spesso è una condizione recidivante, pertanto può essere presa in considerazione anche l’opzione chirurgica.

La borsite anserina si manifesta di frequente nelle persone con gonartrosi di ginocchio e in sovrappeso, e produce dolore nella regione anteromediale della gamba a circa 5 cm dalla rima articolare mediale. Il dolore si esacerba prevalentemente al carico, specie salendo le scale. La “zampa d’oca” è costituita dalla congiunzione dei tendini del sartorio, gracile e semitendinoso, e la borsa si estende tra questi tendini e il legamento collaterale mediale. Il trattamento prevede la combinazione farmacologica locale col riposo e il trattamento riabilitativo delle logge anteriori e mediale della coscia.

La borsite pre-patellare è causata in genere da un trauma diretto sulla rotula o da micro-traumatismi ripetuti (mantenimento della posizione inginocchiata per lungo periodo). Il dolore è spesso lieve e aumenta alla pressione diretta. Spesso si associa anche la borsite infra-patellare. Il trattamento è conservativo, proteggendo il ginocchio dal trauma.

Le pliche sinoviali sono degli ispessimenti della capsula articolare del ginocchio e non sono una costante anatomica, ma possono essere considerate come residui embrionali. Esistono 3 tipi principali di pliche sinoviali: la plica sinoviale sovra-patellare, l’infra-patellare e la medio-patellare. Quest’ultima è l’unica direttamente responsabile di una condizione clinica, definita sindrome della plica medio-patellare.Il sintomo cardine è il dolore anteriore del ginocchio, a cui può associarsi uno pseudo-blocco del ginocchio. Il fattore scatenante è un trauma o un qualsiasi processo infiammatorio a carico del ginocchio. La terapia prevede il riposo e gli antinfiammatori. Nel caso in cui la plica sia fibrosa o vi sia un danno cartilagineo diretto “da impronta”, l’exeresi chirurgica artroscopica è l’opzione terapeutica di prima scelta.

Il dolore nella regione posteriore del ginocchio può essere frequentemente secondario a tendiniti poplitee (“hamstring e popliteo”). Il dolore può essere evocato palpando il poplite col ginocchio in flessione a 90°. È una patologia frequente del corridore, ma si riscontra spesso anche nei pazienti artrosici con ipotrofia e ipotonia delle logge muscolari della coscia e del cingolo pelvico. Il trattamento indicato consiste nel riposo e nella riabilitazione volta al recupero muscolare. In alcuni casi il trattamento infiltrativo locale può essere un valido supporto.

La sindrome di Pellegrini-Stieda è la manifestazione clinica dell’ossificazione del Legamento Collaterale Mediale (LCM), che avviene in seguito a un trauma o a traumatismi ripetuti (sportivi). La calcificazione inizia dall’inserzione prossimale del LCM dopo diverse settimane dal trauma. Il dolore compare in questa fase ed è localizzato in corrispondenza del condilo femorale mediale. Nelle fasi più avanzate si assiste a una progressiva riduzione del movimento. Il corredo sintomatico è spesso autolimitante e viene trattato con FANS (Farmaci Antinfiammatori Non Steroidei) o con terapia infiltrativa locale associata a esercizi di flesso-estensione. Nei casi refrattari o non responsivi si può intervenire chirurgicamente con la rimozione dell’ossificazione e la riparazione del LCM.

La tendinite patellare (“ginocchio del saltatore”) è una patologia frequente caratterizzata da dolore e dolorabilità del tendine patellare. L’ecografia è lo strumento migliore per confermare il sospetto diagnostico. La terapia consiste in riposo, FANS, ghiaccio locale e taping, oltre a stretching e rinforzo sia del quadricipite femorale che degli hamstring. Le infiltrazioni con corticosteroidi su questo tendine sono generalmente controindicate, per il rischio di rottura del tendine. Nei casi refrattari si può ricorrere alla chirurgia.

Anche se non è una condizione frequentemente osservata in reumatologia, la rottura del tendine del quadricipite femorale e patellare è stata riportata quale evento spontaneo in pazienti affetti da AR, gotta, lupus eritematoso sistemico in terapia cronica con steroidi. Altre condizioni, quali l’insufficienza renale cronica e l’iperparatiroidismo, sono state riportate come fattori di rischio. Clinicamente, la rottura sia del tendine del quadricipite che del patellare insorge con forte dolore e impossibilità di estendere la gamba, cui può far seguito un emartro. La diagnosi viene posta con ecografia o RM. La terapia è esclusivamente la riparazione chirurgica, seguita dalla riabilitazione.

La neuropatia e la paralisi del peroneo comune o sciatico popliteo esterno si caratterizzano per la riduzione di forza dei muscoli estensori del piede e delle dita, con ipoestesie o parestesie che si estendono dalla regione fibulare della gamba al dorso del piede, fino al II e III dito, cui può associarsi un’andatura steppante. La diagnosi si esegue con un esame EMG/ENG (Elettromiografia/Elettroneurografia). Le cause più comuni sono il trauma diretto e la compressione del nervo. Il trattamento consiste nella rimozione della compressione del nervo, nel trattamento farmacologico e nell’uso di ortesi per piede e caviglia (ad esempio la molla Codivilla), a cui associare terapie fisiche e fisioterapia con esercizi neurodinamici. In alcuni casi è necessaria la chirurgia.

Un tempo chiamata “condromalacia rotulea”, la sindrome femoro-rotulea è una condizione frequente che colpisce in prevalenza i giovani. Si caratterizza per dolore e crepitii nel comparto anteriore del ginocchio. Il dolore peggiora con le attività di carico a gamba flessa (ad esempio salire le scale). Dopo riposo prolungato è presente rigidità, che migliora col movimento. Il dolore può essere evocato con la compressione della rotula sul condilo femorale o coi movimenti di lateralizzazione della stessa. Le cause più frequenti sono anomalie anatomiche della rotula o del quadricipite femorale (rotula alta o angolo d’inserzione quadricipitale anomalo). Il rinforzo con esercizi isometrici del quadricipite femorale è spesso sufficiente a risolvere il quadro; in alcuni casi possono essere d’aiuto i FANS e la terapia con ghiaccio locale. Nelle situazioni più gravi il riallineamento chirurgico è l’unica soluzione soddisfacente.

Disturbi della regione della caviglia e del piede

La tendinite achillea può essere causata da un trauma, da calzature con tallone rigido o da intensa attività fisica, così come è spesso associata a malattie infiammatorie quali le spondiloartriti e le artriti reattive, l’AR, la gotta e le malattie da deposito di microcristalli. Può essere provocata anche dal trattamento con antibiotici fluorochinolonici. Clinicamente si manifesta con dolore, dolorabilità e tumefazione lungo tutto il decorso del tendine dall’entesi calcaneare, per irradiarsi verso il polpaccio. Possono essere presenti dei crepitii da frizione al movimento di flessione plantare del piede. Il trattamento prevede l’impiego di FANS o corticosteroidi, il riposo (aiutato in alcuni casi da splint con lieve flessione plantare del piede) e, nei casi peggiori, il trattamento infiltrativo locale. Il percorso riabilitativo, oltre agli esercizi attivi e passivi e alle terapie fisiche, deve includere la correzione degli appoggi e delle calzature. La rottura spontanea è un evento raro, mentre è più frequente nei pazienti con tendiniti preesistenti. Il trattamento è chirurgico.

Spesso confusa con la tendinite, la borsite achillea è dovuta prevalentemente alla compressione diretta della calzatura o da esostosi ossee. Colpisce più di frequente le donne (scarpe con tacchi alti). In genere non è indicato alcun trattamento. Al contrario, la borsite retrocalcaneare si associa spesso alla tendinite achillea, e la diagnosi differenziale non è agevole al solo esame obiettivo, per cui è sovente necessaria un’ecografia per confermare la diagnosi. Questa condizione è frequentemente secondaria all’AR, alle spondiloartriti, alla gotta e ai traumatismi. Il trattamento è conservativo con riposo, ghiaccio e FANS. Il trattamento infiltrativo può esser preso in considerazione nei casi meno responsivi.

La fascite plantare colpisce più frequentemente le persone tra i 40 e 60 anni e gli atleti, e può essere idiopatica o associata ad altre artropatie infiammatorie. Si manifesta con dolore alla pianta del piede e al calcagno, intenso soprattutto all’appoggio del piede e durante i primi passi, che regredisce, senza mai scomparire, durante la giornata, per poi riacutizzarsi di sera o dopo una prolungata stazione eretta o marcia. Il dolore viene definito come “urente” o “lancinante”. Obiettivamente si evoca alla palpazione del tubercolo calcaneare mediale, dove origina la fascia stessa. Il trattamento prevede l’utilizzo di FANS, di solette morbide o gel-pad, supporto della volta plantare e riposo. Spesso è utile il trattamento infiltrativo locale.

Le tendiniti del tibiale posteriore si manifestano con dolore localizzato posteriormente al malleolo mediale. Le cause, escludendo le spondiloartropatie e le artriti, possono essere traumatiche o da alterato appoggio in eccessiva pronazione. Clinicamente la flesso-estensione è conservata, mentre i movimenti d’inversione contro-resistenza e di eversione passiva evocano dolore. Il trattamento prevede l’uso di FANS o terapia infiltrativa locale, riposo e in alcuni casi splinting per immobilizzazione. La rottura del tibiale posteriore è un evento molto raro e può essere di natura traumatica o da tendinopatia cronica da AR. Un segno caratteristico è la deformazione in valgismo di caviglia con eversione del retropiede con abduzione dell’avampiede. Il trattamento può essere chirurgico o conservativo, con ingessatura e terapia antinfiammatoria.

La lussazione del tendine peroneo si verifica per un trauma o per un’improvvisa dorsiflessione con eversione del piede. In alcuni casi il paziente avverte, al momento della lussazione, un rumore tipo schiocco, accompagnato a dolore al malleolo esterno. Spesso è confusa con una distorsione di caviglia. Il trattamento d’elezione è quello conservativo, con immobilizzazione, perché nella maggior parte dei casi la lussazione si riduce spontaneamente. Nei casi in cui il retinacolo si sia rotto, potrebbe essere necessaria la correzione chirurgica. Le tendiniti del peroneo di solito beneficiano del riposo e non necessitano, se non in alcuni casi, di terapia specifica.

L’alluce valgo è la deviazione laterale del I dito con deviazione mediale del I metatarso. Spesso si associa alla borsite, che causa dolore e tumefazione in corrispondenza della I metatarso-falangea. Colpisce più frequentemente le donne e i pazienti affetti da osteoartrosi e AR. Un difetto che sovente si associa a tale condizione come causa predisponente è il varismo del I raggio. Le ortesi possono essere un valido supporto nelle fasi iniziali, quando la lussazione del dito è tuttavia riducibile. Nei casi più avanzati, l’opzione chirurgica è l’unica risolutiva.

Nelle “dita a martello” l’articolazione Interfalangea Prossimale (IFP) è flessa, la metatarso-falangea è iperestesa e il polpastrello punta verso il basso. Sono frequenti la formazione di callosità sia sulla faccia dorsale della IFP che sul polpastrello, risultato della pressione contro la calzatura. Le dita a martello possono essere congenite o secondarie ad alterazioni biomeccaniche del piede o ad artriti infiammatorie. Il trattamento conservativo prevede il confezionamento di ortesi e di plantari correttivi.

Una condizione assai frequente è la metatarsalgia, cioè il dolore derivante dalle teste metatarsali. La metatarsalgia può riconoscere molte cause, che vanno dalle malattie infiammatorie croniche a traumi o anomalie della volta plantare sia congenite che acquisite. Si assiste a un appiattimento dell’arco trasversale, con debolezza dei muscoli intrinseci, che causa un’inadeguata distribuzione del peso. Il trattamento consiste nel confezionamento di un plantare con sostegno della volta del piede e scarico delle teste metatarsali e nel potenziamento dei muscoli intrinseci.

Il “piede piatto” è una condizione prevalentemente ereditaria, associata a iperlassità legamentosa. Malgrado sia asintomatico nelle prime decadi di vita, è spesso causa di affaticamento della muscolatura intrinseca del piede e di dolore, con intolleranza alla marcia o al mantenimento della stazione eretta prolungata. Caratteristica è la perdita dell’arco plantare longitudinale, con prominenza del navicolare ed eversione del calcagno. Un piede piatto tuttavia flessibile, sintomatico durante la marcia o il mantenimento della stazione eretta, abbisogna di ortesi correttive progressive e di riabilitazione volta al rinforzo dei muscoli intrinseci del piede. Nei casi più avanzati, va considerata l’opzione chirurgica.

Al contrario, il “piede cavo” si caratterizza, nelle forme più lievi, per un arco plantare mediale pronunciato e, nelle forme più gravi, anche per un’elevazione dell’arco longitudinale. Queste alterazioni strutturali della volta plantare comportano un accorciamento degli estensori con dorsiflessione delle IFP e flessione plantare delle distali, che assumono un aspetto ad artiglio. Spesso risulta accorciata pure la fascia plantare. Tali alterazioni sono spesso ereditarie o congenite, ma possono essere secondarie a patologie reumatiche o più frequentemente neurologiche. Il trattamento è conservativo, con ortesi plantari e stretching degli estensori, mentre nei casi più gravi è consigliata la correzione chirurgica.

Il neuroma di Morton è causato dall’intrappolamento del nervo interdigitale, più spesso tra il III e il IV dito, e si manifesta con dolore urente e parestesie che peggiorano col movimento e il carico, indossando calzature rigide o strette o con tacchi alti. Il nervo viene compresso sul legamento metatarsale trasverso possibilmente da borsiti intermetatarsali o cisti sinoviali. Per questo motivo il primo intervento terapeutico consiste nell’infiltrazione locale di steroidi e nell’ortesi correttiva. Importante è insegnare al paziente la scelta della calzatura corretta. In alcuni casi è necessaria l’escissione chirurgica.

La sindrome del tunnel tarsale è causata dall’intrappolamento del nervo tibiale posteriore a livello della doccia retromalleolare tibiale e dal retinacolo dei flessori. Appena distalmente alla doccia, il nervo tibiale posteriore si divide nel nervo plantare mediale, plantare laterale e nei rami calcaneali posteriori, per cui il corredo sintomatologico, caratterizzato da dolore di tipo urente, da parestesie e da intorpidimento, si localizza in questo territorio. La sintomatologia si aggrava con la stazione eretta e la deambulazione; la palpazione della doccia retromalleolare è dolorosa ed evoca un segno di Tinel nettamente positivo, con sensazioni di “scossa elettrica” irradiata alle dita. Il trattamento conservativo prevede l’infiltrazione di steroidi e la correzione degli appoggi; in alcuni casi può essere utile il confezionamento di uno splint. Spesso, però, la decompressione chirurgica o la neurolisi sono necessarie per risolvere il quadro.

Disturbi della parete toracica anteriore

Il dolore toracico della parete toracica anteriore di origine muscolo-scheletrica è una condizione molto frequente. Entra in differenziale coi dolori di origine cardiaca, polmonare pleurica e gastrointestinale, oppure come localizzazione d’irradiazione del dolore di origine cervicale o spinale.

Tra le LRs d’interesse reumatologico che si manifestano in tale sede, le più importanti sono la sindrome di Tietze e le costocondriti. Queste due condizioni hanno un quadro sintomatologico assai simile, con dolore e dolorabilità alle cartilagini costali. Clinicamente, la differenza tra le due è dovuta alla presenza di tumefazione, che si ha nella sola sindrome di Tietze. Questa sindrome è meno frequente delle costocondriti ed è a eziologia ignota. Il dolore può insorgere in maniera improvvisa ed essere descritto dal paziente come un dolore severo che peggiora con l’inspirazione, la tosse, il singhiozzo e con tutti i movimenti in cui è coinvolta la parete anteriore del torace. Frequentemente il dolore s’irradia alle spalle. La maggior parte dei pazienti presenta una singola sede colpita, a differenza delle costocondriti, che spesso sono multiple. Il dolore è evocato dalla palpazione, per poi recedere rapidamente. Spesso i pazienti con costocondriti multiple vengono scambiati per fibromialgici.

Il trattamento consiste nella prescrizione di farmaci antinfiammatori o corticosteroidi, associati allo stretching dei muscoli della parete toracica anteriore. Il paziente va rassicurato sulla reale causa del dolore ed educato per evitare gli sforzi eccessivi su tali articolazioni. In alcuni casi, specie quando monoarticolari, si procede al trattamento infiltrativo locale con corticosteroidi e anestetici.