Parte prima
2. La valutazione

2.c Valutazione neurofisiologica

Indice dell'articolo

Gli esami neurofisiologici si caratterizzano in quanto studiano la funzionalità delle vie nervose a livello sia periferico che centrale, in condizione di riposo e di attività.

Esistono diversi tipi di indagini, il cui utilizzo dipende dalla patologia del paziente e dalla funzione nervosa che dev’essere esplorata.

EMG-ENG

L’esame Elettromiografico (EMG)-Elettroneurografico (ENG) è l’esame senz’altro più conosciuto e diffuso; viene utilizzato per esplorare il Sistema Nervoso Periferico (SNP), che comprende tutto ciò che è a valle (nel senso anatomico) dell’uscita e dell’ingresso delle radici (per cui, in teoria, non vi rientrerebbe il corpo del 2-motoneurone).

L’esame EMG consiste nella derivazione dei fenomeni bioelettrici a livello muscolare in stato di riposo e durante l’attività volontaria. Esso ci fornisce dunque informazioni sulla funzionalità delle fibre muscolari e delle fibre nervose che le innervano.

Il modello più semplice nel pensare all’esame EMG è quello di considerare la massa muscolare come costituita da numerosissimi generatori riuniti in gruppi funzionali: i generatori sono le miocellule, i raggruppamenti funzionali le Unità Motorie (UM).

Le UM, descritte da Sherrington nel 1925, sono costituite da una cellula nervosa, il 2-motoneurone (il cui corpo è situato nella sostanza grigia del midollo spinale o corna anteriore) che, col suo prolungamento assiale, penetra all’interno di un muscolo ove si divide in numerosi filamenti terminali, ciascuno dei quali si articola attraverso una giunzione neuromuscolare a una fibra muscolare (Fig. 1). Essendo l’UM l’unità di base del SNP, è importante ricordare alcune delle sue principali proprietà.

Si ricorda l’esistenza di 2 tipi di UM:
a) UM tipo I (più piccole, come diametro sia del corpo che dell’assone, con velocità di conduzione più lenta e un minor numero di miocellule innervate);
b) UM tipo II (con caratteristiche opposte). Per rapporto d’innervazione s’intende il rapporto 1/N, dove 1 indica la fibra nervosa e N il numero di fibre nervose muscolari da essa innervate: esso varia molto da un muscolo all’altro (assai alto per un muscolo oculare, il contrario per un muscolo come il quadricipite).

Nell’ambito di un muscolo in cui siano rappresentate 2 UM, esse scaricano in modo asincrono, mentre le fibre di ciascuna UM si contraggono in modo sincrono: ciò assicura una contrazione omogenea all’interno del muscolo.

Il territorio di distribuzione delle fibre nervose di una UM presenta un’area di circa 5-11 mm di diametro, così che all’interno di un muscolo le fibre appartenenti a una UM vengono a essere sparse, anche lontane le une dalle altre; questo tipo di distribuzione migliora evidentemente la possibilità di compiere movimenti fini.

Anche se con l’ago-elettrodo coassiale di Adrian-Bronk (1929) noi penetriamo all’interno del muscolo, la registrazione è di tipo extracellulare.

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Figura 1 — Indagini elettrofisiologiche nelle neuropatie.

Per Potenziale di UM (PUM) s’intende il potenziale elettrico generato da una singola UM, caratterizzato dalla sommatoria di tutti i subpotenziali generati dalle singole miocellule dell’unità motoria stessa.

I parametri da prendere in esame relativi a un potenziale di UM sono:

  1. durata: in msec (in media 5-15 msec);
  2. ampiezza: in micron o milliV (1.5-3/5 mV);
  3. numero di fasi, corrispondente al numero di volte che le deflessioni negative e positive attraversano l’isoelettrica (generalmente bi-trifasici, mentre si definiscono “polifasici” quelli che hanno più di 3 fasi, che possono essere presenti anche nel soggetto normale, ma mai superare il 12%).

I dati relativi alla durata e all’ampiezza, meno alle fasi, variano comunque da muscolo a muscolo.

L’esame EMG con ago concentrico inserito in un muscolo consta di 3 fasi (Fig. 2):

  1. valutazione dell’attività spontanea a riposo, che è sempre assente, con l’eccezione dei muscoli sfintere esterno dell’ano e dell’uretra, i quali hanno sempre una fisiologica attività di base che permette la continenza; inoltre si possono derivare i potenziali di placca quando l’ago arriva in prossimità di una placca muscolare, potenziali che però spariscono immediatamente allontanando l’ago dalla placca;
  2. registrazione dallo stesso muscolo in corso di contrazione volontaria a sforzo lieve, che consente di studiare le caratteristiche (ampiezza, durata, polifasie) delle singole UM;
  3. registrazione durante un’attività volontaria via via crescente fino alla massima possibile: in questo caso, inizialmente si ha un incremento della frequenza di scarica delle UM attivate (reclutamento temporale), seguito da un reclutamento sempre maggiore di UM (reclutamento spaziale).

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Figura 2 — Analisi del tracciato EMG. Progressivo incremento in UM con l’aumento dell’attività volontaria, passando da un tracciato semplice a uno intermediario e infine a uno interferenziale

Ecco dunque che possiamo così riassumere:

- a. attività spontanea a riposo: generalmente assente, a parte i due muscoli sopraricordati;
- b. attività volontaria a sforzo minimo: tracciato semplice, a singole oscillazioni;
- c. attività volontaria con contrazione media: tracciato di tipo intermediario o di transizione;
- d. attività volontaria con contrazione volontaria massimale: tracciato di tipo interferenziale (in cui non si riconoscono più le singole UM).

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Figura 3a — Traciato semplice. Tracciato interferenziale.

Le alterazioni EMG saranno diverse a seconda che la patologia interessi il 2-motoneurone o la fibra muscolare.

Lesioni neurogene

Si caratterizzano per una sofferenza del 2-motoneurone che può essere localizzata sia a livello centrale del corpo (SLA, mielopatie ecc.) sia a livello della fibra nervosa (radice, nervo spinale, terminazioni nervose). Ovviamente, essendo ridotto il numero di UM attivabili, il tracciato EMG sarà caratterizzato dal mancato raggiungimento del pattern interferenziale, e, nei casi gravi, si può avere un tracciato semplice con soltanto singole UM attivabili.

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Figura 3b — Tracciato neurogeno: il tracciato rimane semplice benché il paziente stia eseguendo uno storzo massimale. Comparsa, in caso di denervazione motoria, di potenziali spontanei di fibrillazione.
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Figura 4 — Rimaneggiamento di UM in corso di neuropatia

Per quanto riguarda i singoli PUM, invece, la durata sarà spesso aumentata, così come l’ampiezza, soprattutto nelle forme croniche con aumento della polifasicità.

L’altra caratteristica importante nella diagnostica differenziale è la comparsa di attività spontanea patologica a riposo: fibrillazione, potenziali positivi di Jasper, fascicolazioni, scariche ripetitive complesse, scariche neuromiotoniche ecc. I potenziali di fibrillazione e le fascicolazioni sono quelli più frequentemente osservati in corso di patologia.

Il potenziale di fibrillazione (Fig. 3b) è generato da una singola miocellula, o da una sua parte, che ha perduto la sua innervazione motoria, per cui è sempre espressione di una denervazione della fibra muscolare; si manifesta, per il principio della degenerazione walleriana, solo a distanza di 15-30 giorni dalla lesione nervosa, dipendendo dalla lunghezza del nervo e dalla sede lesionale. Non è visibile clinicamente all’esterno, a eccezione che sulla lingua.

La fascicolazione è invece caratterizzata da scosse muscolari di piccoli gruppetti di fibre muscolari, evidenti all’ispezione, casuali, irregolari, essendo l’espressione di un’attività generata da stimoli abnormi spontanei a livello del 2-motoneurone. Può dunque avere un significato prognostico non favorevole (le fascicolazioni diffuse da sofferenza centrale del 2-motoneurone nella SLA), oppure essere espressione di un interessamento della fibra nervosa, come nelle radicolopatie e nelle neuropatie; in taluni casi ha però un significato benigno (le fascicolazioni da freddo a livello dei muscoli del tricipite della sura o quelle a livello del muscolo orbicolare dell’occhio).

Nel capitolo dell’attività spontanea patologica troviamo poi le scariche ripetitive (doppiette, triplette, poliplette presenti nei quadri cosiddetti di spasmofilia e ipereccitabilità neuromuscolare), i potenziali bizzarri ad alta frequenza di scarica ecc.

Ricordiamo anche le definizioni di:

- mioclonia: scossa muscolare (contrazione volontaria di una parte di massa muscolare) spontanea, brusca, aritmica, d’intensità irregolare;
- miochimia: varietà parcellare della mioclonia, caratterizzata dalla scarica di più UM, spesso ritmiche, che possono essere sia diffuse che localizzate. Possono essere anche “benigne”, localizzate ai polpacci o ai muscoli mimici.

Lesioni miogene

In corso di miopatie, si ha invece una compromissione delle singole miocellule, per cui l’UM sarà costituita da una fibra nervosa integra la quale, però, va a innervare un numero minore di miocellule: da ciò deriverà che il PUM avrà un’ampiezza minore e una durata più breve, e maggiore sarà il numero di polifasie.

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Figura 5 — Tracciato miopatico: è caratterizzato da potenziali di UM di minori ampiezza e durata

Di conseguenza, per compensare la perdita in miocellule, avremo un precoce reclutamento delle UM, per cui il tracciato di attività volontaria — di ampiezza media ridotta, essendo ridotta l’ampiezza dei singoli potenziali di UM — tenderà a raggiungere l’interferenza per sforzi non massimali. Generalmente non ci sono potenziali spontanei patologici a riposo.

È più facile vedere potenziali di fibra in corso di polimiosite, ma sono secondari alla sofferenza delle terminazioni nervose inglobate negli infiltrati infiammatori presenti a livello del tessuto connettivale, tipici della malattia. In caso di miotonia, possiamo registrare la tipica scarica miotonica, che spesso appare già all’inserzione dell’ago nel muscolo: è caratterizzata da una scarica a insorgenza improvvisa di potenziali irregolari per ampiezza, durata e frequenza, che ha il caratteristico rumore di aereo in picchiata. La scarica miotonica va distinta da quella pseudomiotonica, o, come oggi viene definita, neuromiotonica, presente invece nella patologia neurogena.

Il Test di Willison o Test turns/amplitude è un test che può essere utilizzato per valutare meglio le caratteristiche di un tracciato EMG: consiste nel costruire un diagramma in cui nelle ascisse sono riportate le fasi e nell’ordinata l’ampiezza media del tracciato, basandosi sul concetto che aumentando lo sforzo aumenta l’ampiezza media del tracciato e aumenta pure il numero di inversioni di fasi attraverso la linea di base. Nel soggetto miopatico la retta tende alle ascisse. Tale alterazione può essere precoce e precedere quelle del classico tracciato miopatico. È un test che può essere utile in molte patologie di pertinenza reumatologica/disimmune nelle quali sappiamo poter coesistere un coinvolgimento muscolare.

Il Test Ischemia-Iperpnea è un altro test, che permette invece di svelare uno stato (per lo più aspecifico) d’ipereccitabilità neuromuscolare (talora secondaria ad alterazione dei livelli ematici di calcio, magnesio ecc.). Nel nostro laboratorio si esegue con ago infisso nel muscolo I interosseo dorsale, provocando nel paziente un’ischemia di cinque minuti (sul braccio con uno sfigmomanometro), seguita, alla fine, da un’iperpnea di tre minuti: il test è positivo quando si ha la comparsa di doppiette-triplette-poliplette.

L’esame EMG è completato con l’esecuzione dell’esame ENG o esame Elettroneurografico, consistente nella Valutazione della Conducibilità (VC) dei tronchi nervosi periferici motori e sensitivi nonché nella valutazione dei potenziali motori e sensitivi (latenza, ampiezza e morfologia).

Lo studio della VC Motoria (VCM) si basa sulla registrazione, in genere mediante elettrodi di superficie, del Potenziale Muscolare Composto (detto cMAP, o risposta M) evocato dalla stimolazione sopramassimale del tronco nervoso esaminato a due livelli, prossimale e distale. La VC massimale, espressa in m/s, si ottiene dividendo la distanza compresa tra due punti di stimolazione (in mm) per la differenza tra le latenze dei due cMAP (in ms).

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Figura 6 — Neurografia motoria. Una VCM si ottiene stimolando un nervo in due punti, dividendo la distanza (tra i due siti di stimolazione) per il tempo (differenza di latenza tra i due punti).

Il cMAP è una risposta assai importante perché ci dà, attraverso la sua ampiezza, una reale valutazione del numero di fibre efferenti che conducono normalmente, indipendentemente dalla collaborazione del paziente (necessaria, invece, quando si studiano i tracciati di attività volontaria).

Analogamente, la VC Sensitiva (VCS) (Fig. 7) si può ottenere registrando a due livelli, prossimale e distale, il potenziale composto di nervo (SAP) evocato dalla stimolazione di un nervo sensitivo; spesso una VCS può essere valutata stimolando un sito solamente, come accade per i nervi mediano, ulnare e radiale, stimolando le dita corrispondenti e derivando dal polso (valutazione ortodromica) o viceversa (misurazione antidromica).

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Figura 7 — Neurografia sensitiva.

La VC è influenzata da molteplici fattori, in particolare dalla temperatura (con variazione secondo un coefficiente di 2-2.5 m/sec per grado) e dall’età del soggetto (nel neonato la VC media è circa il 50% di quella dell’adulto, per raggiungere i normali valori dell’adulto già intorno ai 2 anni, mentre tende progressivamente a ridursi oltre i 55 anni). Le tecniche classiche di registrazione delle VCM e delle VCS esplorano direttamente i distretti per lo più distali dei nervi, ma non forniscono informazioni sulla patologia prossimale che coinvolge i plessi e le radici. A tal fine possono essere utilizzate altre indagini, quali le onde F e le risposte riflesse H (nell’uomo, quest’ultime valutabili quasi esclusivamente sul muscolo soleo e gemello mediale).

Per la miastenia gravis, le sindromi miasteniformi o la sindrome di Lambert Eaton è importante invece la metodica della stimolazione ripetitiva, che sovente permette di porre correttamente la diagnosi.

Con le tecniche EMG-ENG tradizionali riusciamo però a studiare solo una parte delle fibre nervose presenti in un nervo; in particolare rimangono escluse da tale valutazione le piccole fibre che mediano la sensibilità termica e dolorifica, così come le vie autonomiche. Abbiamo ora a disposizione varie tecniche più o meno complesse per poter ovviare a queste limitazioni: il QST e la microneurografia (Fig. 8), i LEP (Laser Evoked Potentials) ecc., che ci permettono di analizzare sia le fibre A-delta e C che le fibre efferenti simpatiche.

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Figura 8 — Limiti delle tecniche neurofisiologiche standard.

A proposito di queste ultime vie ricordiamo la Risposta Simpatico Cutanea (SSR), un potenziale facilmente registrabile generato dalle ghiandole sudoripare a livello cutaneo dopo uno stimolo sia esterno che interno, che consente di valutare la funzionalità delle vie efferenti simpatiche colinergiche, fornendoci così una valutazione sul Sistema Nervoso Autonomo (SNA).

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Figura 9 — SSR, risposta simpatico-cutanea derivata dai quattro arti, dalla mano (tracce superiori) e dal piede (tracce inferiori), dx. e sin. Sulla dx. l’origine delle vie simpatiche dal midollo spinale e la loro localizzazione intramidollare (cordonale laterale).

A tal riguardo ricordiamo come il coinvolgimento del SNA in patologia (sia neurologica che reumatologica o internistica) si accompagni sempre a una prognosi meno favorevole.

Attraverso le VC possiamo non solo valutare l’entità del danno a carico dei nervi periferici, ma anche dare un giudizio qualitativo con la distinzione tra la patologia mielinopatica e quella assonale.

Il danno assonale si accompagna, se completo, a una degenerazione assonale delle fibre nervose e, sul versante motorio, all’interruzione del rapporto tra fibra nervosa e miocellula.

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Figura 10 — Patologia assonale : si osserva una chiara riduzione in ampiezza della riposta M, mentre è normale o meno alterata la VC.

Il danno assonale puro può non compromettere la VC, la quale è legata all’integrità della guaina mielinica, ma spesso ci può essere una più o meno modesta riduzione di quest’ultima, se a essere colpite sono le fibre a maggior diametro, che sono quelle a maggior velocità di conduzione; l’aspetto principale, comunque, è la riduzione in ampiezza delle risposte motorie (cMAP) e sensitive (SAP).

Esempi di neuropatie prevalentemente assonali sono: la porfiria acuta intermittente e la forma assonale delle HMSN (malattia di Charcot Marie Tooth), tra le forme geneticamente determinate; la maggior parte delle neuropatie carenziali, da tossici esogeni, da farmaci chemioterapici, alcuni quadri di collagenopatie (artrite reumatoide, panarterite nodosa, lupus, sclerodermia, sindrome di Sjögren ecc.), diverse forme paraneoplastiche, alcuni quadri di diabete ecc., tra le forme acquisite.

Quando la noxa patogena interessa in modo selettivo la guaina mielinica risparmiando l’assone, il reperto elettrofisiologico è caratterizzato dalla riduzione della VC, dalla dispersione temporale delle risposte motorie e sensitive, dalla presenza di blocchi di conduzione (quando la lesione coinvolge 2 o 3 nodi successivi).

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Figura 11 — Patologia demielinizzante:una chiara riduzione della VC (12.7 m/s contro i 59 m/s del normale).

Nelle neuropatie demielinizzanti, il deficit funzionale (motorio o sensitivo) è conseguenza del blocco di conduzione. In caso di blocco mielinico puro non c’è danno assonale, per cui non avremo degenerazione walleriana e all’esame EMG non avremo attività spontanea patologica a riposo, che compare soltanto allorché la miocellula è denervata. Diversi quadri di neuropatia sono di tipo prevalentemente mielinopatico (diabete, poliradicolonevriti ecc.); tra quelle geneticamente determinate, ricordiamo la forma mielinopatica delle HMSN.

Bisogna sottolineare come i quadri più frequenti siano comunque misti sia mielinopatici che assonopatici.

Per assonotmesi s’intende un’interruzione (sezione) dell’assone, cui segue il classico quadro di degenerazione walleriana; per neurotmesi (diagnosi solo visiva e quindi per lo più chirurgica!) s’intende una sezione completa del nervo, compreso il tessuto connettivale esterno. Per neuroprassia, invece, s’intende un’interruzione funzionale e non anatomica della conduzione nervosa (bisogna ricordare che nei casi gravi di neuroaprassia ci può essere un blocco di conduzione anche completo, con risoluzione solo dopo vari mesi).

Normalmente, nella patologia compressiva dei nervi (entrapment, ernie discali ecc.) le prime fibre a essere coinvolte sono quelle a maggior diametro, più mielinizzate e dunque anche più veloci, con un interessamento primitivo della mielina: ciò spiega perché in questi casi la sintomatologia sensitiva preceda quella motoria (basti pensare alla sindrome del tunnel carpale).

In caso invece di patologie con sofferenza primitivamente ischemico-vascolare (come molti quadri di vasculite), la struttura a essere coinvolta per prima è l’assone.

Reinnervazione

Per reinnervazione s’intende il processo che, seguendo a quello di una degenerazione walleriana, può portare a una reinnervazione delle miocellule private della loro innervazione fisiologica. Essa può avvenire in 2 modi:

  1. per reinnervazione da parte di UM vicine integre che producono delle nuove terminazioni (collateral branching) le quali vanno a raggiungere le miocellule orfane, creando PUM di maggior durata, con potenziali satelliti (è il meccanismo “più veloce”). Si ricorda però che le collaterali sono strutture neoformate che conducono l’impulso meno velocemente degli assoni normali, avendo un calibro più piccolo e talora essendo non mielinizzate;
  2. per ricrescita dal moncone distale della fibra nervosa interrotta, che, a una velocità di circa 1 mm/giorno, comincia a ricrescere, potendo, in caso di successo, arrivare a reinnervare nuovamente fibre muscolari ancora non degenerate (meccanismo lento e sempre parziale e incompleto).

Potenziali evocati

Per Potenziale Evocato (PE) s’intende l’attività bioelettrica del sistema nervoso elicitata da stimolazioni sensoriali di vario tipo e anche da eventi interni all’organismo (PE cognitivi o evento-correlati).

In ciò, i PE si differenziano dall’EEG, che consiste nella registrazione dell’attività bioelettrica cerebrale spontanea. Poiché si tratta di potenziali di ampiezza notevolmente ridotta (dell’ordine di microvolt), la loro registrazione necessita di procedure particolari, delle quali la più utilizzata è quella di averaging. La loro importanza deriva dal fatto di fornire informazioni sulla funzionalità delle vie nervose centrali, differenziandosi dunque dall’esame EMG-ENG, che esplora il SNP. Il loro utilizzo è dunque complementare agli esami neuroradiologici (RM-TC), che invece danno informazioni prevalentemente morfologiche, mentre, a parte le più recenti tecniche (RM funzionale, SPECT ecc.), poco ci aiutano a conoscere la reale funzionalità-integrità delle vie nervose.

Esistono numerosi tipi di PE, a seconda dello stimolo utilizzato.

Si hanno così PE acustici, visivi, somatosensoriali, motori ecc. I più noti sono i PE Somatosensitivi (PES), ove la stimolazione elettrica dei tronchi nervosi periferici sensitivi e misti attiva la via afferente corrispondente. Generalmente vengono stimolati il nervo mediano per gli arti superiori e il nervo tibiale posteriore per gli arti inferiori, derivando da più stazioni: periferica, spinale e corticale.

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Figura 12 — PES da stimolazione del nervo mediano (dal basso in alto: potenziale di plesso al punto di Erb, potenziale intraspinale cervicale N13, potenziale lemniscale P14 e risposta corticale N20-P25)

I PES forniscono informazioni sulla trasmissione lungo le vie somatosensitive: nervo periferico, cordoni posteriori midollari, lemnisco mediale, area corticale parietale.

Oltre ai PES da stimolo elettrico dei tronchi nervosi ci sono quelli dermatomerici da stimolo a livello dei dermatomeri o delle aree cutanee sensitive di pertinenza di alcuni nervi difficilmente studiabili (ad esempio, il nervo femoro-cutaneo laterale della coscia nella meralgia parestesica).

Di più recente applicazione sono invece i LEP (Laser Evoked Potentials), che stimolano non le fibre sensitive a maggior diametro, ma le fibre di piccolo diametro (fibre A-delta e fibre C), che viaggiano nei fasci spinotalamici.

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Figura 13 — LEP registrati a livello corticale dopo stimolazione a livello della cute di faccia, mano e piede (con latenze media al picco negativo di 160.7 ms per la faccia, di 246.3 ms per la mano e di 305.3 ms per il piede).

I LEP, oltre a essere utilizzati a scopo diagnostico, stanno trovando sempre maggior applicazione per lo studio delle vie nocicettive nel dolore e nei trial farmacologici sul dolore.

I PE Motori (PEM) non esplorano una modalità sensoriale, ma permettono di studiare in modo non invasivo la conduzione lungo le vie motorie centrali ad alta velocità di conduzione (fascio piramidale).

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Figura 14 — PEM: Potenziale Evocato Motorio derivato dal muscolo tibiale anteriore. Dall’alto in basso: risposta M periferica, risposta da stimolazione paraspinale, risposta da stimolazione corticale. Sulla dx. le vie piramidali che generano il PEM.

Si utilizzano stimoli magnetici cerebrali transcranici, che hanno eliminato la sensazione, alquanto dolorosa per il soggetto, causata dagli stimoli elettrici. Anche in tal caso (come per i PES) è possibile calcolare il tempo di conduzione centrale dello stimolo motorio, sottraendo dal tempo totale, necessario per propagare l’impulso dall’area motoria cerebrale al muscolo esaminato, quello periferico (dal midollo spinale al muscolo).

Lo studio dei PEM permette una quantificazione della compromissione della via piramidale in vari tipi di patologie: demielinizzanti, vascolari, compressive.

La tecnica associata ai PES si è inoltre rilevata molto utile nel monitoraggio intraoperatorio di interventi neurochirurgici od ortopedici che comportano un rischio per le strutture nervose.

Negli ultimissimi anni è stata proposta la stimolazione magnetica ripetitiva — cioè una serie di stimoli magnetici ripetuti con frequenze diverse — nella terapia di alcune malattie, come la cefalea, la depressione, il dolore (nevralgie, dolore pelvico ecc.) e pure in pazienti con fibromialgia.

Per quanto riguarda sia i PES che i PEM e l’SSR, come pure l’EMG/ENG, negli ultimi anni essi sono stati impiegati sempre più frequentemente nella valutazione non solo degli arti, ma anche della regione sacrale.

I PE Acustici vengono generati da diversi tipi di stimolo acustico (toni, click, burst ecc.); nelle più comuni applicazioni si utilizza lo stimolo da click e si registrano le componenti comprese nei primi 10 msec dall’evento sensoriale.

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Figura 15 — BAEPs (potenziali Evocati Acustici Troncoencefalici). Si vedono le principali componenti (I-V) e i nuclei troncoencefalici da dove originano.

Sono denominati BAEPs (Brainstem Auditory Evoked Potentials) e le varie onde che li compongono corrispondono al nervo cocleare e alle varie stazioni bulbo-pontine delle vie acustiche (onde I-VII e relativi intervalli ecc.); vengono derivati utilizzando una coppia di elettrodi posti al vertice e in corrispondenza dell’orecchio stimolato. Esistono poi i PE acustici a media e lunga latenza (questi ultimi sono potenziali di elaborazione a livello corticale).

I PE Visivi (PEV) vengono registrati derivando dall’area occipitale specifica riferiti a un elettrodo posto in posizione intermedia tra vertice e frontale mediano. Possono essere evocati con stimolo flash, più complessi, ma che non necessitano della collaborazione del paziente e pertanto sono utilizzabili anche in pazienti non collaboranti o in coma. Il tipo di stimolo più utilizzato è, tuttavia, quello da pattern reversal (che utilizza una scacchiera con scacchi di diversa dimensione, stimolanti vie visive specifiche). La risposta principale è costituita da una grande componente positiva a circa 100 msec (P100) interposta tra due componenti negative a 75 e 145 ms.

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Figura 16 — PEV (Potenziali Evocati Visivi). Si vede la principale componente, detta "P100", in un soggetto normale (sopra) e in un caso di LES con localizzazione encefalica (sotto).

La loro importanza nelle patologie neurologiche (demielinizzanti, vasculitico-vascolari, infiammatorie ecc.) è facilmente intuibile. Ricordiamo solo la loro sempre più frequente applicazione a fini sia diagnostici che riabilitativi anche nei reparti di terapia intensiva, allo scopo di programmare un corretto iter riabilitativo.

Potenziali evocati cognitivi o evento-correlati: sono potenziali evocati non stimolo-correlati, come i precedenti, bensì causati da un qualche evento endogeno che riflette i processi connessi all’identificazione e alla decodificazione di un messaggio cognitivo contenuto in un determinato protocollo di stimolazione (ad esempio, l’identificazione di un suono raro e diverso nell’ambito di una sequenza di suoni uguali: odd-ball).

I PE cognitivi, dunque, non analizzano la funzione di una specifica via nervosa, ma costituiscono un correlato quantificato di variabili neuropsicologiche, quali attenzione e velocità di processazione dello stimolo; per ciò vengono utilizzati come test diagnostici nelle patologie che causano compromissione delle funzioni cognitive.