Parte seconda
5. I reumatismi infiammatori

5.d La riabilitazione del piede e il trattamento podologico nel malato di artrite reumatoide

Indice dell'articolo

L’interessamento del piede nell’Artrite Reumatoide (AR) dell’adulto in fase conclamata è costante e sempre molto elevato, tra l’85 e il 94 % dei casi. Il coinvolgimento avviene alle articolazioni metatarsofalangee e a quelle del retropiede, più specificamente all’articolazione sottoastragalica e a quella mediotarsica; queste sono frequentemente le prime a essere interessate dalla malattia e soltanto in seguito si ha il coinvolgimento di tutto il piede e della caviglia.

Dal punto di vista clinico dobbiamo distinguere:

- la fase acuta o iniziale, caratterizzata dall’attacco artritico. La porzione più distale dell’avampiede diventa tumefatta, calda, arrossata e intensamente dolorosa a causa della flogosi sinoviale. Appaiono assai evidenti le borse sierose della prima metatarsofalangea, della testa del quinto metatarso e in alcuni casi del dorso delle dita. Generalmente l’attacco acuto è bilaterale e interessa perciò entrambi i piedi;

- la fase di stato, nella quale la lesione si stabilizza e compaiono le malformazioni tipiche. In questa fase il dolore non è più costante e presente anche a riposo, ma insorge col carico poiché deriva dalle deformità indotte dalla malattia.

Forme cliniche

Si può schematicamente distinguere il piede reumatoide in:

- piede reumatoide anteriore: l’AR colpisce le articolazioni dell’avampiede, con conseguenti deformità delle dita (alluce valgo, dita “a griffe” ecc.), lussazioni e metatarsalgia;

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Figura 1 — Piede reumatoide anteriore.

- piede reumatoide posteriore: l’AR si manifesta inizialmente nelle articolazioni del meso- e retropiede, causando la destabilizzazione del piede e il suo piattismo e valgismo;

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Figura 2 — Piede reumatoide posteriore.

- piede reumatoide globale: per interessamento contemporaneo dell’avampiede e del retropiede.

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Figura 3 — Piede reumatoide globale.

Piede reumatoide anteriore. Inizialmente l’infiammazione colpisce le metatarsofalangee laterali, per poi estendersi a tutte le altre fino alla prima. In seguito al deterioramento della capsula e dei legamenti provocato dalla sinovite, la dorsiflessione delle metatarsofalangee durante la deambulazione causa la sublussazione e la dislocazione delle dita, con conseguenti abbassamento dell’arcata metatarsale e slittamento distale del cuscinetto adiposo plantare, inserito al livello delle falangi prossimali. Tutto ciò sottopone le teste metatarsali a un carico eccessivo, per cui il contatto piede-suolo determina sotto di esse la formazione di callosità dolorose aggravate anche dall’assenza di tessuto adiposo ammortizzante. La sublussazione e la dislocazione delle dita provocano anche uno squilibrio nella muscolatura del piede, in particolar modo tra muscoli estrinseci e intrinseci, che determina la comparsa di deformità digitali quali alluce valgo, dita “a martello” o “a griffe”. Tali deformità inizialmente sono riducibili attraverso manovre manuali, splint od ortesi digitali in silicone, ma col tempo tendono a strutturarsi e a divenire rigide. Spesso queste zone sofferenti possono andare incontro a ulcerazioni, specie dove il trofismo dei tessuti è compromesso da deficit circolatori; inoltre si possono instaurare onicopatie secondarie a traumi persistenti a carico delle falangi distali, come onicocriptosi e onicodistrofie. Viladot (19911), da un punto di vista morfologico, distingue 3 tipi di avampiede reumatico:

- 1° tipo: avampiede triangolare. È la deformità più frequente e si ritrova maggiormente in piedi con formula digitale di tipo egizio. I metatarsi, invece di essere paralleli, convergono a ventaglio e le dita tendono a raggrupparsi con l’alluce valgo, il quinto dito varo e le dita intermedie lussate e deformate in “griffe”. La tensione dei flessori e degli estensori del primo e del quinto raggio è responsabile della comparsa dell’alluce valgo e del quinto dito varo, mentre l’atrofia della muscolatura intrinseca del piede determinerà la sublussazione o la lussazione dorsale delle altre dita. L’avampiede triangolare presenta le seguenti caratteristiche:

  1. alluce valgo: varismo del primo metatarso, che determina la deviazione all’esterno del primo dito; lussazione del secondo e terzo dito, che tendono a portarsi al di sopra o al di sotto dell’alluce;
  2. quinto dito varo o “prominenza del sarto”: il quinto metatarso è deviato all’esterno e la sua testa forma una prominenza che, urtando contro la scarpa, genera una borsite; il quinto dito è deviato in varo per l’effetto adduttorio del tendine estensore retratto;
  3. deformità delle dita intermedie: le dita centrali sono sublussate o lussate dorsalmente, con conseguente sporgenza delle teste metatarsali in sede plantare, la quale determina una metatarsalgia dolorosa da sovraccarico con comparsa di ipercheratosi plantari. Le dita possono atteggiarsi in “griffe” a causa della retrazione dei muscoli lombricali, dei tendini estensori e dei legamenti articolari secondari al processo infiammatorio presente nelle articolazioni interfalangee;
  4. disturbi trofici della cute: la cute è sottile e atrofica, e in alcuni casi presenta cicatrici dovute a borsiti fistolizzatesi. Tipica è la comparsa di una grossa ipercheratosi dolorosa plantare a livello delle teste dei tre metatarsi centrali, dovuta a un carico eccessivo. Al contrario, in corrispondenza della testa del primo e del quinto metatarso, la cute è sottile e ciò evidenzia la mancanza di appoggio di questi ultimi durante la stazione eretta e la deambulazione (Fig. 4). La deambulazione è alterata a causa della perdita di funzionalità dell’avampiede, indotta dalle deformità digitali. A una prima fase di contatto al suolo col calcagno, segue l’appoggio totale della pianta per la perdita della volta trasversale e longitudinale. Anche il distacco del piede dal suolo non è progressivo, ma viene fatto sollevando tutta la pianta contemporaneamente.

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Figura 4 — Avampiede triangolare.

- 2° tipo: avampiede “a colpo di vento”. È caratterizzato da una deviazione all’esterno di tutte le dita del piede; in genere la deviazione è più accentuata nel primo dito e diminuisce negli altri (Fig. 5). Tutto ciò è dovuto all’azione del muscolo pedidio, il quale, per la direzionalità dei suoi tendini rispetto all’asse delle dita, è fondamentale nel condizionare la tipica deformità “a colpo di vento” dell’avampiede. Talvolta il quinto dito non partecipa a questa deformità, in quanto il pedidio non gli fornisce alcun tendine. Nella deambulazione, anche in tal caso è abolita la funzione dell’avampiede nel distacco dal suolo.

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Figura 5 — Avampiede a “colpo di vento”.

- 3° tipo: avampiede atipico. Si distinguono 2 forme:

  1. forme monoarticolari, in cui le lesioni infiammatorie risultano isolate, interessando un’unica articolazione metatarsofalangea;
  2. forme generalizzate, caratterizzate da gravi deformità di tutta la parte anteriore del piede e dall’atrofia della muscolatura lunga. In questa situazione non si osserva mai la presenza di alluce valgo, bensì il primo dito si lussa dorsalmente o plantarmente con la formazione di un alluce flesso o esteso a causa della predominanza della muscolatura lunga del primo dito. Le altre dita, in alcuni casi, si deformano “a martello”, in altri si lussano dorsalmente o all’esterno.
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Figura 6 — Avampiede atipico.

Piede reumatoide posteriore. Il meso-retropiede generalmente è coinvolto in un secondo momento rispetto alla regione dell’avampiede. Nel mesopiede le articolazioni più colpite sono l’astragalo-scafoidea e la scafoidea-cuneiforme. L’articolazione di Lisfranc è colpita meno frequentemente. La compromissione dell’astragalo-scafoidea causa il cedimento della volta plantare e la conseguente comparsa di un piede piatto valgo che può divenire strutturato in seguito ad anchilosi. Nel retropiede sono colpite la sottoastragalica e la tibio-tarsica. La compromissione della sottoastragalica provoca la formazione di valgismo calcaneare e la destabilizzazione del piede. Ciò impedisce al malato di camminare su terreni irregolari. La localizzazione a livello della tibio-tarsica, anche se è la meno frequente, determina una tumefazione diffusa della caviglia, con progressiva limitazione funzionale, sino all’impossibilità di appoggiare il piede e alla sua anchilosi in posizione viziata (piede equino o talo).

Trattamento riabilitativo

Le deformità del piede provocano, soprattutto se non trattate in fase iniziale, gravi limitazioni motorie e funzionali al piede e alla caviglia, con conseguente incapacità di deambulare. Le alterazioni del piede portano principalmente alla riduzione della lunghezza del passo, alla deambulazione col passo strisciante e la velocità ridotta.

Gli obiettivi

Gli obiettivi del programma riabilitativo sono:

  • migliorare la situazione algica;
  • ridurre l’infiammazione;
  • migliorare la funzione articolare;
  • migliorare il trofismo muscolare;
  • prevenire le deformità;
  • migliorare la deambulazione.

Lo scopo dell’intervento riabilitativo sarà dunque il miglior recupero del piede come struttura di sostegno e come struttura informativa. Pertanto ci dovremo impegnare:

  • ad adottare misure di scarico e d’igiene articolare;
  • a individuare compiti conoscitivi nell’ambito dell’esercizio terapeutico;
  • a progettare e realizzare ausili che facilitino il nostro lavoro.

Valutazione

Per impostare un adeguato programma riabilitativo è essenziale la valutazione, che deve comprendere:

  • il dolore;
  • le singole articolazioni (tumefazione, dolorabilità, ampiezza di movimento e presenza di eventuali deformità);
  • la posizione del piede, valutata a piedi nudi sotto carico;
  • l’esame muscolare;
  • l’esame della sensibilità;
  • l’equilibrio;
  • il cammino.

Protocollo di trattamento

Il protocollo di trattamento prevede:

- educazione al paziente: stili di vita da seguire, calzature da adottare, esercizi da eseguire quotidianamente ecc.;
- fisiochinesiterapia: esercizi di mobilizzazione passiva, attiva e attiva contro-resistenza di tutte le articolazioni del piede, con particolare attenzione alla tibio-astragalica; rieducazione propriocettiva, stretching;
- ortesi: ortesi statiche di correzione delle principali deformità, da realizzarsi su misura e con appositi materiali termoplastici;
- calzature specifiche per il piede reumatico.

Fondamentale è educare il paziente a limitare il carico e l’esercizio motorio inadeguato durante le fasi di flogosi, a utilizzare compensi corretti, ottimizzandoli per il recupero e il mantenimento del carico e della deambulazione, a superare le difficoltà funzionali tramite l’utilizzo di pattern globali di movimento. Il paziente viene educato e consigliato nell’igiene di vita e di lavoro: controllo del peso, limitazioni di abitudini di vita inadeguate e insegnamento di atteggiamenti posturali corretti da assumere durante l’attività lavorativa (ergonomia, economia articolare). Un intervento fisioterapico precoce può aiutare a prevenire le gravi deformità.

Trattamento nelle diverse fasi di malattia. Nell’AR il trattamento sarà differenziato in una fase acuta e in una post-acuta, in base alla presenza di flogosi.

Nella fase acuta gli obiettivi fondamentali del trattamento riabilitativo sono:

  • la diminuzione del dolore;
  • la riduzione dell’infiammazione;
  • la prevenzione degli atteggiamenti viziati e delle deformità.

Il protocollo riabilitativo nella fase acuta si esplica, in associazione a una terapia farmacologia mirata, prevalentemente attraverso:

  • riposo articolare;
  • contrazioni isometriche;
  • eventuali terapie fisiche antalgiche o antinfiammatorie;
  • impiego di ortesi appropriate che consentono di mettere a riposo ed evitano atteggiamenti viziati, possibili cause di deformità;
  • economia articolare.

In fase acuta la mobilizzazione articolare dev’essere realizzata con molta cautela, in quanto può esser causa di un incremento del dolore.

Pertanto, allo scopo di prevenire l’ipotrofia muscolare, si ricorre a esercizi isometrici, i quali non implicano la mobilizzazione dell’articolazione infiammata.

Nell’AR, in questa fase, le terapie fisiche maggiormente utilizzate sono: la crioterapia e la TENS (Stimolazione Elettrica Transcutanea dei Nervi).

Le ortesi. Le ortesi per il piede reumatoide sono in prevalenza ortesi da riposo e vengono utilizzate soltanto di notte. Le ortesi non devono creare aree di pressione, per evitare che producano dolore, ischemia e lesioni cutanee. È importante prestare attenzione ai deficit di sensibilità.

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Figura 7 — Ortesi notturne.

Gli scopi delle ortesi sono:

  • protezione e riposo;
  • prevenzione del dolore e dell’infiammazione;
  • risoluzione delle contratture;
  • prevenzione delle deformità.

Le ortesi devono:

  • essere costruite nel rispetto dell’anatomia e delle condizioni della cute;
  • permettere la massima funzionalità delle articolazioni adiacenti a quella protetta dall’ortesi stessa;
  • includere solo le articolazioni interessate;
  • essere resistenti ma allo stesso tempo leggere;
  • essere facili da applicare e rimuovere.

Nella fase post-acuta sarà possibile effettuare un trattamento fisioterapico più ampio, comprendente sia la componente fisioterapica specifica sia un dettagliato programma rieducativo per il recupero della corretta funzionalità del piede. Le finalità del trattamento sono quindi rappresentate, oltre che dalla riduzione del dolore e dalla limitazione del danno articolare, anche dal miglioramento dell’escursione articolare, dall’aumento di elasticità delle parti molli, dal recupero del tono e del trofismo muscolari, dal progressivo raggiungimento del carico e della deambulazione corretti, dal recupero dell’autonomia. Il trattamento riabilitativo prevede:

  • esercizi di mobilizzazione globale e analitica delle metatarsofalangee e delle altre articolazioni del piede;
  • esercizi di rafforzamento muscolare;
  • esercizi di rieducazione funzionale.

Anche in fase post-acuta è utile l’impiego di mezzi fisici antalgici e antinfiammatori, a cui si possono associare mobilizzazioni passive dolci delle articolazioni del piede e della caviglia, massaggio di scarico o linfodrenaggio, posture di stretching.

Nella fase post-acuta sono previsti esercizi di rinforzo muscolare per ripristinare un adeguato tono e trofismo muscolari. Si possono utilizzare le contrazioni isotoniche (contro o senza resistenza) e le contrazioni eccentriche, che consentono il potenziamento muscolare senza compattare le superfici articolari. È indicato anche il ricorso a facilitazioni neuromuscolari sui muscoli estensore comune delle dita, tibiale anteriore e posteriore e peronieri, per il recupero della corretta funzionalità del piede. Qualora i danni anatomici del piede abbiano compromesso la capacità di camminare, si ricorre pure alle seguenti tecniche di rieducazione funzionale finalizzate a recuperare il patrimonio sensomotorio del soggetto:

  • apporto di afferenze di varia natura ed entità (percezioni tattili, epicritiche, cinestesiche) effettuate con l’ausilio di materiali diversi;
  • ricostruzione delle fasi del cammino: appoggio del tallone al suolo, rotolamento e propulsione;
  • raggiungimento del carico col minimo dispendio energetico, nel rispetto dei compensi motori, per realizzare una deambulazione quanto più funzionale possibile.

Trattamento podologico

Il podologo può svolgere fin dagli esordi della malattia un ruolo molto importante nella prevenzione, nella cura e nell’educazione del piede reumatoide.

I momenti portanti del trattamento podologico sono, oltre all’educazione del paziente:

- il trattamento delle manifestazioni cutanee;
- il trattamento ortesico, plantare e digitale;
- le scarpe correttive.

Trattamento delle manifestazioni cutanee

L’ipercheratosi rappresenta un’ipertrofia dello strato corneo dovuta a un maggiore attrito e sovraccarico concentrati su una determinata area del piede.

Questo ispessimento diviene patologico quando il suo volume raggiunge dimensioni eccessive, tali da evocare la sintomatologia dolorosa. Difatti, nel momento in cui un paziente si affida alle cure del podologo per la presenza di ipercheratosi cutanee, sotto forma di tiloma o di ispessimenti di altro genere, il sintomo più comunemente riferito è il dolore. Inoltre anche l’area cutanea che circonda l’ipercheratosi si presenta frequentemente dolente e arrossata. L’insieme delle lesioni obiettivamente rilevabili e l’iperalgesia a esse associata costituiscono, quindi, l’evidenza clinica di uno stato d’iperreattività cutanea. Le possibilità d’intervento nelle mani del podologo sono molteplici e differenziate. Oltre a rimuovere dermatologicamente gli squilibri ipercheratosici e le onicopatie presenti, è necessario ricercare ed eliminare le cause responsabili sia del dolore che delle alterazioni cutanee, prevenire e ridurre la comparsa di alterazioni morfologiche digitali o del piede nonché proteggere le zone di sovraccarico e attrito. Tutto ciò si raggiunge mediante l’uso di ortesi plantari e digitali in silicone.

Trattamento ortesico, plantare e digitale

I plantari sono usati per prevenire le deformità dei piedi e la loro successiva influenza sul cammino. Gli scopi dei plantari sono:

  • ridurre il dolore;
  • correggere e mantenere l’allineamento della caviglia;
  • limitare il movimento delle articolazioni instabili, infiammate e dolenti;
  • rallentare o arrestare la progressione delle deformità.

I plantari possono anche aiutare a redistribuire meglio il carico da aree sovraccaricate ad aree sottocaricate e ad ammortizzare l’impatto col terreno durante la deambulazione. Secondo la funzione svolta, le ortesi plantari possono essere differenziate in:

- 1. correttive;
- 2. compensative;
- 3. palliative o di scarico.

  1. Le ortesi correttive. Le ortesi plantari correttive hanno lo scopo di correggere una deformità nell’età evolutiva, ovvero fino a quando l’apparato muscolo-tendineo-scheletrico è in grado di rispondere a sollecitazioni esterne.
  2. Le ortesi compensative. Hanno lo scopo di mantenere il giusto allineamento del piede e di compensare, ovvero riequilibrare, gli assetti podalici strutturati con o senza dolore.
  3. Le ortesi palliative o di scarico. Normalmente sono confezionate con materiali morbidi e flessibili e hanno lo scopo di scaricare e proteggere particolari aree plantari dolenti dall’eccessiva pressione. Possono essere usate nel trattamento delle metatarsalgie, dove, grazie a una barra retrocapitata, mettono in scarico cinque teste metatarsali.

I materiali utilizzati sono vari e spaziano da materiali rigidi (come il polietilene), che danno molta stabilità, a materiali più morbidi (come il poliuretano o la schiuma di lattice), che hanno il vantaggio di essere ammortizzanti e di permettere i fisiologici movimenti del piede durante il cammino.

La scelta del materiale dipenderà ovviamente dall’esperienza personale nei confronti di caratteristiche quali la tollerabilità cutanea e la possibilità di traspirazione, e anche dallo stadio della malattia, dalla zona del piede in cui le ortesi devono agire e dall’azione che devono esercitare, ma in generale è necessario puntualizzare che nei pazienti affetti da AR vanno scelti sempre materiali morbidi con funzioni protettive e ammortizzanti.

Nella pratica quotidiana materiali rigidi e morbidi possono essere combinati al fine di confezionare un’ortesi mista che abbia la capacità di sostenere la volta del piede, di fornire stabilità e allo stesso tempo di ammortizzare e proteggere le zone d’ipercarico.

In un piede reumatoide spesso è necessario realizzare un’ortesi mista costituita da un sostegno della volta plantare mediale in materiale rigido per dare stabilità e per evitare che la deviazione in valgismo della sotto-astragalica (tendente a instaurarsi col progredire della malattia) determini il crollo dell’arcata plantare, con conseguente formazione di un piede piatto valgo; a livello, invece, delle teste metatarsali (soggette a iperpressioni a causa delle deformità dell’avampiede, del crollo dell’arcata trasversa e dell’atrofia del cuscinetto plantare adiposo) verrà applicato un materiale morbido capace di ammortizzare l’appoggio e di dare maggiore comfort e sollievo durante la deambulazione.

La realizzazione di un’ortesi plantare prevede prima un accurato esame del piede e del paziente, poi la costruzione personalizzata e su misura tenendo conto di alcune caratteristiche fondamentali, quali minimo ingombro, leggerezza, flessibilità.

In commercio esistono plantari preformati, ma la scelta migliore è sicuramente un plantare confezionato su misura, che risponde meglio alle caratteristiche anatomiche proprie del piede in questione.

Ortesi digitali in silicone. In caso di deformità digitali rappresentano spesso le soluzioni più efficaci. I siliconi sono elastomeri di gomma costituiti da silicio e carbonio e sono termomodellabili. Hanno lo scopo di proteggere e distanziare le dita e sono modellati direttamente sulle dita del paziente. Devono essere di uno spessore limitato, per non occupare troppo spazio all’interno della calzatura, e di materiale morbido, per non creare lesioni cutanee. Allo scopo di evitare danni alla cute e non creare fastidio al paziente, è bene prestare attenzione alla presenza di spigoli o bordi troppo spessi.

Per essere efficace, l’ortesi in silicone dev’essere portata costantemente. È consigliabile iniziare a portarla gradualmente per abituarsi alla sua presenza. Si distinguono in:

- 1. ortesi correttive;
- 2. ortesi protettive.

  1. Ortesi correttive. Mirano a ridurre le sollecitazioni abnormi e le deformità. Si usano in caso di deformità non strutturate.
  2. Ortesi protettive. Si utilizzano nelle deformità irriducibili allo scopo di proteggere, ma anche di limitare, un loro ulteriore peggioramento.

La maggior parte delle ortesi in silicone associa insieme le due funzioni. I materiali rigidi e indeformabili sono indicati per correggere le deformità e dare sostegno. I materiali morbidi sono invece necessari per proteggere e ammortizzare i punti soggetti a sollecitazioni abnormi.

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Figura 8 — Ortesi in silicone.

Scarpe correttive

È importante consigliare una calzatura adeguata. Il piede dovrebbe essere tenuto nella posizione funzionale ideale. Tuttavia non dev’essere impedito al piede di muoversi, e pochi gradi di supinazione e di pronazione dovrebbero sempre essere permessi intorno alla posizione centrale.

La scarpa deve avere una pianta larga, sia perché il volume del piede risulta aumentato a causa delle deformità, sia per ospitare il plantare o le ortesi digitali in silicone, sia per prevenire l’accavallarsi delle dita.

La tomaia dev’essere di pelle e morbida, così da adattarsi alle irregolarità dovute alle deformazioni del piede.

La fodera di rivestimento dev’essere morbida e senza cuciture che potrebbero produrre un attrito col piede.

La zeppa posteriore dev’essere larga, per aumentare la stabilità e consentire un mantenimento ottimale dell’equilibrio; inoltre non deve superare i 2-3 cm (più il tacco è alto, più si caricano l’avampiede e l’alluce, e più s’incrementa la deviazione “a colpo di vento” o fibulare).

Il guardiolo dev’essere rigido e antisupinazione.

Il contrafforte semirigido, se associato al plantare, stabilizza il retropiede, impedendo al tallone di deviare in varismo o valgismo; inoltre previene le distorsioni di caviglia, le fasciti e le talloniti.

La suola dev’essere costruita in materiale leggero, flessibile nell’avampiede e più rigida nella parte posteriore, in modo da facilitare il normale ciclo del passo.

Suole flessibili e morbide diminuiscono i traumi durante il cammino e sono raccomandate per alleggerire lo stress sulle articolazioni dell’arto inferiore. La suola, inoltre, dev’essere antiscivolo e la punta rialzata (“suola a barchetta”) per rendere più sicuro e facile il passo, ostacolato dall’insufficiente spinta propulsiva delle dita.

L’interno della calzatura dev’essere deformabile ma poco elastico, in modo da assorbire e ammortizzare l’urto senza destabilizzare il piede.

La chiusura con velcri può essere una valida soluzione per facilitare l’utilizzo in caso di gravi deformità delle mani.

La scarpa dev’essere accogliente, leggera e modellabile.

L’utilizzo costante di un plantare su misura inserito in una scarpa che risponda alle caratteristiche citate e sia predisposta per il plantare stesso riduce il dolore, l’infiammazione e le callosità sia sulle dita che sotto il piede, facilitando la deambulazione.