Parte seconda
5. I reumatismi infiammatori

5.e Le spondiloartriti

Indice dell'articolo

Le spondiloartriti sieronegative

I termini “spondiloartriti” (SpA) o “spondiliti” identificano una vasta famiglia di malattie reumatiche, caratterizzate da artriti infiammatorie con aspetti clinici, epidemiologici, radiologici e genetici comuni. Le principali entità cliniche sono: la Spondilite Anchilosante (SA), l’Artrite Psoriasica (AP), l’Artrite Reattiva (ARe), le artriti legate a malattie infiammatorie croniche intestinali (IBD), la SpA giovanile e la SpA indifferenziata.

“Spondilite” significa “infiammazione delle vertebre”: la parola deriva da spóndylos (in greco, “vertebra”) e dal suffisso -itis (in greco, “infiammazione”). Il termine “anchilosante” deriva invece dal greco ankýlosis, che vuol dire “ricurvo”. L’aggettivo “sieronegative” implica l’assenza nel siero del Fattore Reumatoide (FR).

La spondilite anchilosante

La SA è un’artrite infiammatoria che colpisce elettivamente lo scheletro assiale (articolazioni sacroiliache e rachide) con un processo infiammatorio cronico del connettivo fibroso e dell’osso nelle sedi d’inserzione di tendini e legamenti (entesite) che esita in ossificazione producendo una grave rigidità.

Classificazione

I criteri classificativi più utilizzati sono i criteri di New York modificati.

Anche se la SA colpisce prevalentemente lo scheletro assiale (SA assiale), può talora coinvolgere anche le articolazioni periferiche. La SA è una malattia sistemica, in cui sono talora presenti manifestazioni extrarticolari coinvolgenti altri organi o apparati, come occhio, polmoni, cuore e reni.

Esistono diverse varianti di malattia, differenti per età di esordio e manifestazioni.

Forme cliniche Età di esordio Manifestazioni cliniche articolari tipiche Manifestazioni extra-articolari
Classica II-III decade Lombalgia cronica, dolore infiammatorio al rachide

Sacroileite: dolore gluteo basculante o tipo sciatica mozza

Entesiti o flogosi inserzionali: — costo-sternali
— processi spinosi
— creste iliache
— grandi trocanteri
— tuberosità ischiatiche
— tubercoli tibiali
Occhio:
uveite anteriore, iridociclite

Intestino:
lesioni colon-ileoscopiche 30%

Polmone:
fibrosi apicale 2%; ridotte escursioni respiratorie

Cuore/vasi:
aortite ascendente con insufficienza aortica, BAV**

Rene/vie urinarie:
nefrite iatrogena, nefropatia IgA, prostatite cronica
Tardiva IV-VI decade Oligoartrite AAII*
Femminile Impegno periferico
Rachide cervicale
Osteite pubica
Giovanile < 16 aa Oligoartrite AAII*

Legenda: *AAII = arti inferiori; **BAV = blocco atrio-ventricolare.

Tabella 1 — Varianti cliniche della spondilite anchilosante.

Epidemiologia

C’è una correlazione tra la prevalenza dell’antigene HLA-B27 e quella della SA: maggiore è la prevalenza dell’HLA-B27, maggiore è la prevalenza della SA.

La prevalenza globale della SA è 0.1-1.4%. Nell’Europa centrale e occidentale è 0.3-0.5%, e in Italia è 0.37%. La SA colpisce più il sesso maschile di quello femminile (3:1), di solito in una fascia di età giovanile compresa tra i 15 e i 30 anni. L’età media d’insorgenza è 24 anni.

La SA è più grave nel sesso maschile che in quello femminile, in cui la progressione della malattia è più lenta e l’impegno vertebrale meno severo, anche se maggiore è il coinvolgimento delle articolazioni periferiche.

Aspetti genetici e patogenesi

L’eziopatogenesi delle SpA non è nota. Comunque, la stretta associazione dell’HLA-B27 con le SpA e con la SA suggerisce che queste ultime siano dovute a una risposta immune a stimoli ambientali (verosimilmente infettivi) in soggetti geneticamente suscettibili.

Il 90-95% dei pazienti con SA è positivo per HLA-B27 e il rischio di sviluppare la malattia è di circa il 5% in individui HLA-B27 positivi. Associazioni significative con HLA-B60 o -DR1 dimostrano la partecipazione anche di altri fattori genetici.

L’interazione tra batteri e HLA-B27 è fondamentale per la persistenza degli antigeni microbici nella sinovia di pazienti con ARe (innescata da infezioni da Chlamydia trachomatis, Shigella, Salmonella, Yersinia e Campylobacter), essenziale per la cronicizzazione della flogosi articolare. Circa il 10-20% dei pazienti HLA-B27 positivi con ARe sviluppa una SA conclamata dopo 10-20 anni.

Il ruolo dei batteri è supportato anche dalla relazione tra morbo di Crohn, positività per HLA-B27 e SA: il 54% dei pazienti HLA-B27 positivi con morbo di Crohn sviluppa SA, contro il 2-6% dei pazienti HLA-B27 negativi. La perdita dell’integrità della mucosa intestinale, causata dall’infiammazione, porta a un’interazione del sistema immunitario con i batteri nell’intestino.

Anatomia patologica

I due meccanismi fondamentali del processo patogenetico della SA sono l’infiammazione e la neoformazione ossea. Il bersaglio dell’infiammazione è l’entesi, ossia la giunzione osteo-tendinea. Dapprima l’infiammazione (entesite) coinvolge il connettivo fibroso con alterazioni necrotiche fibrillari, erosione della corticale ossea ed edema dello spazio midollare adiacente. Successivamente, si sviluppano riparazione con tessuto fibroso, metaplasia cartilaginea e proliferazione di tessuto osseo, che sostituisce l’entesi. Tipiche della SA sono l’ossificazione di legamenti, tendini e capsule articolari e la formazione di ponti ossei (sindesmofiti), successivi all’entesite, nelle fibre esterne dell’anulus fibroso del disco intervertebrale e l’osteite delle zone d’inserzione ai piatti vertebrali, con la trasformazione dell’osso neoformato in osso maturo lamellare.

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Figura 1 — Formazione dei sindesmofiti nella SA.

La progressione delle lesioni del rachide è ascendente, a partire dalle articolazioni sacroiliache (che articolano l’osso sacro con le ali iliache del bacino) per poi diffondersi al rachide lombare, dorsale e cervicale.

Anche nelle articolazioni sacroiliache, da una fase infiammatoria (sacroileite) si passa all’erosione delle strutture ossee e all’anchilosi.

Nella fase avanzata della SA i sindesmofiti possono saldare tra loro le vertebre, determinando anchilosi e il tipico aspetto radiologico “a canna di bambù” del rachide.

Quadro clinico

Manifestazioni articolari. All’esordio della SA i principali sintomi sono il dolore e la rigidità ai glutei e alla regione lombosacrale, dovuti all’interessamento delle articolazioni sacroiliache e del rachide lombare. Il dolore s’irradia alla coscia e al poplite, fino alla metà prossimale del polpaccio, ad andamento alternato nei due lati (sciatica mozza alternante).

Inizialmente, il dolore e la rigidità si manifestano durante il riposo notturno, sono più intensi al mattino e si accentuano con l’inattività. Hanno andamento a poussée, con periodi della durata di qualche giorno e remissione spontanea. Entro qualche mese, il dolore lombosacrale diviene persistente e si accompagna alla rigidità dovuta alle contratture muscolari.

Le caratteristiche che permettono di differenziare il dolore lombosacrale di origine infiammatoria (lombalgia infiammatoria) da quello di origine meccanica (da forme degenerative del rachide) sono la comparsa del dolore durante il riposo (soprattutto notturno), che costringe il paziente ad alzarsi dal letto nelle prime ore del mattino, il mancato miglioramento dei sintomi a riposo, il miglioramento col movimento, la rigidità mattutina, la persistenza del dolore per più di 3 mesi.

L’infiammazione e il dolore tendono a regredire a seguito dell’anchilosi delle articolazioni sacroiliache.

La SA può esordire talora in modo diverso. Alcune volte l’esordio è rappresentato da talalgia per impegno delle entesi del piede (tendine achilleo e fascia plantare) e dolore al cingolo pelvico (tuberosità ischiatica, legamento ileo-lombare) o toracico, all’inserzione dei muscoli intercostali, che può simulare il dolore anginoso o pericardico.

Più di rado la SA esordisce con uveite o febbre. Nell’1% dei casi, e tipicamente nella forma giovanile, la malattia esordisce con una monoartrite periferica agli arti inferiori (ginocchio o articolazione tibio-tarsica).

La SA può pure presentarsi solo con un’anomalia posturale, poiché l’impegno assiale talora decorre in modo asintomatico.

Il rachide è interessato con modalità ascendente e successivo coinvolgimento delle regioni dorsale e cervicale. Oltre a esso, possono essere interessate tutte le articolazione assiali, quali le acromion-claveari, le sterno-claveari, le sterno-condrali e le costo-vertebrali, la cui anchilosi è temibile per la riduzione dell’espansione toracica nella respirazione.

L’evoluzione dell’impegno assiale è molto lenta e la diagnosi radiologica di sacroileite compare in media a distanza di 8-9 anni dai primi sintomi della malattia.

Nel 30-40% dei casi sono colpite le articolazioni periferiche (mani, polsi, ginocchia), in modo asimmetrico e con localizzazione prevalente agli arti inferiori. Sono in genere mono-oligoartriti che, diversamente dall’AR, raramente determinano erosioni ossee e deformità.

La SA, pur caratterizzata da neoformazione ossea, è paradossalmente causa di osteoporosi vertebrale (18.7-62% dei casi). Le citochine infiammatorie e la ridotta mobilità del rachide ne sono la causa. Nel 10% dei casi compaiono fratture vertebrali.

Varianti

Nella variante rizomelica della SA (30% dei casi) vi è l’interessamento simmetrico delle grandi articolazioni prossimali, che spesso esita in anchilosi e può anticipare o seguire l’interessamento assiale. Nel sesso maschile è tipica la coxite erosiva e distruttiva.

Nella SA classica, maggiormente presente nel sesso maschile, si ha una maggiore progressione dell’impegno assiale, fino all’anchilosi diffusa con rigidità ingravescente del rachide e dei cingoli, ridotta espansione toracica e infine gravi deformità posturali del rachide, impotenza funzionale delle coxofemorali e delle spalle. Tale espressione completa della malattia riguarda circa il 20-30% dei casi.

Manifestazioni extrarticolari

- Impegno oculare: è la manifestazione extrarticolare più frequente e interessa il 30% dei pazienti con SA. Tipica è un’uveite anteriore, nella quale l’occhio presenta dolore e arrossamento, prevalentemente unilaterale, con insorgenza improvvisa, limitata nel tempo e spesso alternata nei due occhi.
- Impegno polmonare: nel 2% dei casi s’instaura una fibrosi polmonare apicale. Più comune è la riduzione delle escursioni respiratorie per l’impegno delle articolazioni condro-sternali e costo-vertebrali.
- Impegno cardiovascolare: è riportato nel 5% dei casi, soprattutto nei pazienti con malattia attiva e di lunga durata. La lesione principale è l’aortite, associata a insufficienza aortica e a blocco atrioventricolare.

Complicanze tardive

- Spondilodiscite: consiste nel crollo di un disco intervertebrale associato a erosione dei piatti vertebrali. È caratterizzata dalla comparsa improvvisa di dolore trafittivo al rachide, accentuato dal movimento.
- Sindrome della cauda equina: è caratterizzata da alterazioni sensitivo-motorie ingravescenti agli arti inferiori, seguite da comparsa, anche improvvisa, d’incontinenza urinaria e fecale o da ritenzione urinaria, a seconda dell’impegno parziale o completo delle radici sacrali (S4-S5).

Diagnosi

I criteri classificativi attualmente utilizzati per la SA sono i criteri di New York del 1982, modificati nel 1984. Per poter classificare un paziente come affetto da SA occorre che sia soddisfatto il criterio radiologico (sacroileite bilaterale di almeno grado II o sacroileite monolaterale di almeno grado III) in presenza di almeno un criterio clinico.

1. Lombalgia di durata > 3 mesi, che recede col movimento e non migliora col riposo
2. Limitazione funzionale del rachide lombare nel piano sagittale e frontale
3. Ridotta espansione toracica corretta per sesso e per età
4. Sacroileite bilaterale di grado II-IV o monolaterale di grado III-IV*
SA definita in caso di presenza del criterio radiologico (4), più almeno un criterio clinico (1-3).
* Grado 0 (normale): margini e rima normali;
Grado I (sospetta sacroileite): perdita di definizione della rima;
Grado II (sacroileite minima): sclerosi, piccole erosioni, pseudoallargamento;
Grado III (sacroileite moderata): sclerosi, erosioni grossolane, riduzione della rima;
Grado IV (anchilosi): scomparsa della rima per fusione completa.


Tabella 2 — Criteri classificativi per la SA (criteri di New York modificati).

Alterazioni bioumorali. Non esistono test di laboratorio diagnostici per la SA. Una normalità degli indici di flogosi non esclude la diagnosi. L’aumento della VES e della PCR è presente in circa il 75% dei pazienti, che tuttavia correla scarsamente con l’attività di malattia, specialmente nella forma assiale.

La positività dell’HLA-B27 è presente nel 70-90% dei casi, ma la sua positività o negatività non è sufficiente a confermare o escludere la diagnosi di SA.

Indagini strumentali. La prima alterazione delle articolazioni sacroiliache evidenziabile con la radiologia tradizionale è la sclerosi subcondrale, che spesso maschera le iniziali fini erosioni presenti soprattutto sul versante iliaco. Tali aspetti divengono più marcati col progredire della malattia, sino allo stadio conclusivo della sacroileite, in cui è presente un’anchilosi ossea che unisce i due versanti articolari.

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Figura 2 — a. Sacroileite in fase erosiva. b. Sacroileite in fase di anchilosi ossea.

Il coinvolgimento vertebrale di solito segue quello delle sacroiliache. I segni radiologici caratteristici sono: il segno di Romanus (erosioni degli angoli vertebrali anteriori), lo squaring vertebrale (squadratura delle vertebre con perdita della concavità dei corpi vertebrali), i sindesmofiti. Questi sono espressione di un’ossificazione del versante periferico dell’anello fibroso che, iniziando in corrispondenza degli spigoli dei corpi vertebrali, si estende per l’intera altezza del disco, congiungendo a ponte le vertebre contigue coinvolte; dapprima presenti al passaggio dorso-lombare del rachide, si possono estendere a tutto il rachide, che assume il caratteristico aspetto “a canna di bambù”.

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Figura 3 — Iniziale sindesmofitosi a livello del rachide dorsale.

La Risonanza Magnetica (RM), identificando l’edema osseo subcondrale e l’infiammazione delle articolazioni sacroiliache, consente di diagnosticare precocemente la sacroileite e/o la spondilite, anche dopo poche settimane dall’insorgenza di una lombalgia o dolore ai glutei a cronologia infiammatoria.

La Tomografia Computerizzata (TC) è utile nella valutazione di un impegno delle sacroiliache nell’evidenziare le erosioni ossee e l’iniziale sclerosi subcondrale.

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Figura 4 — Erosioni ossee a livello sacroiliaco in immagine TC.

La scintigrafia, in genere poco utilizzata in quanto, pur altamente sensibile, scarsamente specifica, è invece molto utile prima di eseguire la riabilitazione, per definire tutte le sedi in fase acuta a livelli difficilmente esplorabili, come quelli assiali.

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Figura 5 — Immagine di scintigrafia total-body, che dimostra ipercaptazione alle articolazioni condro-sternali, costo-vertebrali e sacroiliache.

L’ecografia muscolo-scheletrica è utile nell’evidenziare precocemente a livello periferico l’impegno articolare, tendineo ed entesitico.

Valutazione clinimetrica

La valutazione e il monitoraggio del paziente con SA devono includere strumenti di facile uso in clinica, con lo scopo di stabilire lo stato attuale della malattia, seguirne la progressione, misurare l’effetto della terapia sullo stato e sulla progressione della malattia.

Attività di malattia

- BASDAI (Bath Ankylosing Spondylitis Disease Activity Index). Indice composito che valuta l’attività di malattia costituito da 6 item che indagano l’intensità del dolore a livello del collo, della schiena, delle anche e delle articolazioni periferiche, il dolore provocato dal contatto/pressione, nonché l’intensità e la durata della rigidità mattutina. Per ogni item la risposta è data segnando una crocetta su una linea orizzontale che ha un range di 0-100, dove 0 corrisponde ad “assente” e 100 a “estremo”. Per calcolare lo score finale, prima è calcolata la media dei punteggi ottenuti negli item 5 e 6 e successivamente viene fatta la media dei 5 valori (media delle domande 5 e 6, e punteggio delle domande 1 e 4).

- MASES (Maastricht Ankylosing Spondylitis Enthesitis Scale). Valuta la dolorabilità alla palpazione di 13 entesi per ogni lato corporeo. Per ogni sede, la risposta è del tipo “sì/no”. Lo score finale per ogni lato va da 0 a 13.

Stato globale di salute

- BAS-G (Bath Ankylosing Spondylitis patient Global score). Indice composito costituito da 2 item che permettono di valutare lo stato generale di salute. Il primo quesito concerne lo stato globale di salute riferito all’ultima settimana, mentre il secondo si riferisce agli ultimi 6 mesi. Le possibili risposte (0: “nessun effetto”; 100: “gravissimi effetti”) generano un punteggio ottenuto dalla media dei singoli valori.

Funzionalità globale

- BASFI (Bath Ankylosing Spondylitis Funtional Index). Indice della funzionalità globale del paziente, che valuta la riduzione della motilità a vari livelli. Costituito da 10 item, presentati su Scale Analogiche Visive (VAS) di 100 mm (range 0-100), il questionario esplora il grado di difficoltà riscontrato nello svolgimento di specifiche attività della vita quotidiana. Gli ancoraggi delle VAS in risposta ai quesiti sono strutturati come “facilmente” (score 0) o “è impossibile” (score 100). Il punteggio della scala è calcolato come media dei punteggi dei 10 item ed è compreso in un range da 0 (“il migliore stato funzionale”) a 100 (“il peggiore stato funzionale”).

- HAQ (Health Assessment Questionnaire). Per la valutazione della disabilità nelle SpA viene utilizzato un HAQ (cfr. cap. 2.b) modificato per esse (HAQ-S) che include 5 ulteriori item(raggruppati in 2 domìni) che valutano la funzionalità del rachide.

Il gruppo ASAS (Assessment in Ankylosing Spondylitis) ha definito un numero minimo di valutazioni (core-set) da eseguire nella pratica clinica.

DOMINIO STRUMENTI
Valutazione globale del paziente VAS (settimana precedente)
Dolore vertebrale VAS dolore dovuto alla SA (settimana precedente) e VAS dolore notturno dovuto alla SA (settimana precedente)
Rigidità del rachide VAS rigidità mattutina del rachide (settimana precedente)
Mobilità vertebrale Espansione toracica, test di Schöber modificato (escursione in flessione del segmento perpendicolare alla linea che unisce le spine iliache postero-superiori nel suo punto di mezzo, lungo 15 cm, 5 cm in direzione caudale e 10 cm in direzione craniale), distanza trago-muro e flessione laterale del rachide lombare oppure BASMI
Capacità funzionali BASFI oppure DFI
Articolazioni periferiche Numero di articolazioni tumefatte (44 articolazioni: sterno-claveari; acromion-claveari; spalle, gomiti, polsi, ginocchia, caviglie, metacarpo-falangee, metatarso-falangee, interfalangee prossimali delle mani)
Entesi periferiche Score validati per l’entesite (MEI, MASES o BEI)
Affaticabilità Domanda riguardante l’affaticabilità, inclusa nel BASDAI
Reattanti di fase acuta VES
BASMI: Bath Ankylosing Spondylitis Metrology Index. È un indice composito che comprende: rotazione cervicale, distanza trago-muro, test di Schöber modificato, flessione laterale del rachide lombare, distanza intermalleolare.
DFI: Dougas Functional Index.
MEI: Mander Enthesis Index (66 entesi; score “sì/no”; tot.: 0-66).
BEI: Berlin Enthesitis Index (12 entesi; score “sì/no” per ogni sede; tot.: 0-12).

Tabella 3 — Core-set ASAS per la pratica clinica.

Prognosi

La prognosi quoad valetitudinem della forma classica della SA è favorevole, a patto che la malattia venga diagnosticata e trattata precocemente.

La prognosi quoad vitam è favorevole nei casi senza impegno cardiovascolare e renale. Le principali cause di morte legate alla SA sono: alterazioni cardiovascolari (insufficienza aortica, aritmie), 35%; impegno renale (amiloidosi), 10-20%; complicanze respiratorie e iatrogene (emorragie gastrointestinali).

Terapia

Secondo le raccomandazioni dell’ASAS/EULAR (Assessment in Ankylosing Spondilytis/European League Against Rheumatism) l’approccio terapeutico al paziente con SA dev’essere multidisciplinare e includere trattamenti farmacologici e non-farmacologici, e, quando necessari, chirurgici.

Princìpi generali della gestione del paziente con SA

- La SA è una malattia potenzialmente grave, con diverse manifestazioni, che generalmente richiedono un approccio multidisciplinare.

- Obiettivo prioritario è migliorare la qualità di vita, attraverso il controllo dei sintomi e dell’infiammazione, la prevenzione del danno strutturale progressivo, la preservazione/normalizzazione della funzione e della partecipazione sociale.

- Il trattamento dev’essere basato su una decisione condivisa tra paziente e reumatologo.

- Il trattamento ottimale richiede una combinazione di modalità non-farmacologiche e farmacologiche.

1. Trattamento generale
Il trattamento dei pazienti con SA dovrebbe essere individualizzato in accordo a:
- le manifestazioni attuali della malattia (assiale, periferica, enteseale, sintomi e segni extrarticolari);
- il livello dei sintomi attuali, caratteristiche cliniche e indicatori prognostici;
- lo stato clinico generale (età, sesso, comorbilità, terapie concomitanti, fattori psicosociali).
2. Monitoraggio della malattia
Il monitoraggio della malattia del paziente con SA dovrebbe includere:
- storia del paziente (es. questionari);
- parametri clinici;
- test di laboratorio;
- imaging.

Tutto, in accordo con il quadro clinico come con il core-set ASAS.
La frequenza del monitoraggio dovrebbe essere decisa individualmente in dipendenza da:
- andamento dei sintomi;
- gravità;
- trattamento.
3. Trattamento non-farmacologico

- La pietra miliare del trattamento non-farmacologico è l’educazione del paziente con SA e la pratica di regolare esercizio fisico.

- L’esercizio a domicilio è efficace. Tuttavia è più efficace e quindi preferibile fare terapia fisica con esercizi guidati da un supervisore, a terra o in acqua, individuali o in gruppo, rispetto al solo esercizio a domicilio.

- Possono essere utili le associazione di pazienti e i gruppi di auto-aiuto.

4. Manifestazioni extrarticolari e comorbilità

- Le frequenti manifestazioni extrarticolari osservate, come la psoriasi, l’uveite e l’IBD, devono essere gestite in collaborazione con i rispettivi specialisti.

- I reumatologi devono tenere in considerazione il rischio di malattie cardiovascolari e di osteoporosi.

5. FANS

- FANS, tra cui i COXIBs, sono raccomandati come prima linea di trattamento farmacologico per i pazienti con dolore e rigidità.

- Il trattamento continuo con FANS è preferito per i pazienti con malattia sintomatica persistente e attiva.

- Nel prescrivere FANS, dovrebbero essere sempre presi in considerazione i rischi cardiovascolari, gastrointestinali e renali.

6. Analgesici

- Analgesici come il paracetamolo potrebbero essere presi in considerazione per il dolore quando persiste dopo che i trattamenti raccomandati precedentemente sono falliti oppure quando sono controindicati e/o poco tollerati.

7. Glucocorticoidi

- Può essere praticata l’iniezione di corticosteroidi intra- o peri-articolare in caso di artriti o tenosinoviti.

- L’uso di glucocorticoidi sistemici per la malattia assiale non è supportato da evidenza scientifica.

8. DMARDs

- Non vi è evidenza per l’efficacia di DMARDS, compresi la sulfasalazina e il methotrexate, per il trattamento della malattia assiale.

- La sulfasalazina può essere considerata nei pazienti con artrite periferica.

9. Anti-TNF

- Devono essere somministrati a pazienti con attività di malattia persistentemente elevata, malgrado i trattamenti convenzionali secondo le raccomandazioni ASAS.

- Non vi sono prove per sostenere l’uso obbligatorio di DMARDS prima o in concomitanza con terapia anti-TNF nei pazienti con malattia assiale.

- Non vi sono prove a sostegno di una differenza di efficacia dei vari inibitori del TNF sulle manifestazioni assiali, articolari ed entesitiche; ma, in presenza di IBD, una differenza nell’efficacia a livello gastrointestinale va presa in considerazione.

- Il passaggio a un altro tipo di inibitori del TNF è possibile nel caso di mancata risposta.

- Non vi sono prove per sostenere l’uso di agenti biologici diversi dagli inibitori del TNF, in SA.

10. Chirurgia

- L’artroplastica totale dovrebbe essere considerata per quei pazienti con dolore refrattario o disabilità ed evidenza radiografica di danno strutturale, indipendentemente dall’età.

- Per pazienti con gravi deformità invalidanti può essere presa in considerazione l’osteotomia correttiva spinale.

- Per i pazienti con SA e una frattura acuta vertebrale dovrebbe essere consultato un neurochirurgo.

11. Cambiamenti nel decorso della malattia

- Se si verifica un cambiamento significativo del decorso della malattia, devono essere considerate cause diverse dall’infiammazione, come ad esempio una frattura vertebrale, ed eseguita un’appropriata valutazione, anche tramite imaging.

Tabella 4 — Aggiornamento delle raccomandazioni ASAS/EULAR 2010.

L’iniziale trattamento della SA comprende riabilitazione e somministrazione di Farmaci Antinfiammatori Non Steroidei (FANS) tradizionali o di inibitori selettivi della ciclossigenasi 2 (COX-2; isoforma della ciclossigenasi prodotta nelle sedi d’infiammazione), o COXIBs, efficaci nel ridurre dolore e limitazione funzionale.

In caso d’inefficacia di tali farmaci, non essendovi evidenze a supporto dell’uso di corticosteroidi e DMARDs (Disease Modifying Anti-Rheumatic Drugs, farmaci modificanti l’evoluzione della malattia) tradizionali (sulfasalazina, methotrexate, leflunomide) sulla compromissione assiale, è giustificabile un trattamento con farmaci inibitori del Tumor Necrosis Factor-α (anti-TNF-α). Nei casi più gravi, con gravi alterazioni posturali e complicanze neurologiche, è indicata la chirurgia.

Nella SA, indispensabile per l’efficacia del trattamento è la precocità della diagnosi, che permette d’iniziare il trattamento farmacologico e riabilitativo sin dalle prime fasi di malattia. Attualmente si tende a utilizzare una terapia farmacologica aggressiva ed efficace e una terapia riabilitativa appropriata prima che si manifestino deformità irreversibili a livello muscoloscheletrico per modificare l’evolutività della SA, prevenire le alterazioni articolari e la disabilità che ne consegue.

Trattamento farmacologico

- FANS e COXIBs. La somministrazione intermittente di FANS tradizionali e COXIBs nei periodi di attività è preferita a quella continuativa. Visto che, comunque, solo una minoranza di pazienti ha una risposta soddisfacente a tali farmaci, spesso sono necessarie altre terapie.

- Corticosteroidi e DMARDs tradizionali. L’uso di corticosteroidi per via sistemica non è supportato da evidenze scientifiche, mentre le infiltrazioni locali di corticosteroidi articolari e peri-articolari sono utili nei casi di entesite o di artrite periferica. Nella SA, i DMARDs tradizionali sono efficaci solamente su manifestazioni periferiche della malattia, ma non sull’interessamento assiale.

- Anti-TNF-α. I farmaci che bloccano l’attività della citochina pro-infiammatoria TNF-α (infliximab, adalimumab, etanercept) hanno modificato radicalmente lo scenario terapeutico della SA. Determinano un rapido e sostenuto effetto sui sintomi, migliorano la qualità di vita e, se somministrati precocemente, rallentano la progressione radiologica della SA e riducono l’edema osseo alle articolazioni sacroiliache e al rachide a testimonianza di una regressione della flogosi. Per i loro elevati costi, gli anti-TNF-α sono utilizzati nei pazienti col rapporto rischi/benefici più soddisfacente, individuabile tramite specifiche raccomandazioni.

Trattamento chirurgico. Le più frequenti indicazioni alla chirurgia rachidea sono: cifosi disabilitante, perdita della visione orizzontale, dolore da pseudoartrosi vertebrale, dolore e/o instabilità segmentale da fratture vertebrali e, più raramente, complicanze neurologiche (stenosi del canale vertebrale, mielopatia e sindrome della cauda equina).In caso di coxite, l’artroprotesi totale d’anca risolve il dolore e migliora la funzione.

L’artrite psoriasica

L’AP è una malattia infiammatoria articolare cronica che si associa con la psoriasi, classificata tra le SpA sieronegative.

Epidemiologia

L’AP può manifestarsi a ogni età. Il picco d’incidenza massimo è tra i 20 e i 40 anni. La prevalenza, tra i pazienti con psoriasi, è di circa il 5-8% e, nella popolazione generale, di circa lo 0.5-1%. I due sessi sono colpiti in egual misura (negli uomini è più frequente il coinvolgimento dello scheletro assiale). Il riscontro dell’antigene HLA-B27 è più frequente nella varietà con spondilite.

Clinica

L’AP ha un’espressività clinica eterogenea: può interessare solo il rachide, il rachide e le articolazioni periferiche, le sole articolazioni periferiche, le sole entesi, oppure il rachide, le entesi e le articolazioni. La psoriasi precede lo sviluppo dell’artrite nel 70% dei casi, le è contemporanea nel 15%; negli altri casi l’artrite può precedere l’esordio della psoriasi. Non c’è corrispondenza stretta tra gravità della psoriasi e artrite.

Tra le classificazioni dell’AP, citiamo quella di Moll e Wright (19731), che sottolinea l’eterogeneità dell’AP.

1. Forma classica con coinvolgimento delle piccole articolazioni Interfalangee Distali, IFD (9%).
2. Artrite mutilante (1%).
3. Artrite simil-reumatoide (poliartrite simmetrica) (17%).
4. Oligoartrite asimmetrica (grandi e piccole articolazioni coinvolte) con dattilite (65%).
5. SA con o senza coinvolgimento periferico (8%).

Tabella 5 — Classificazione di Moll e Wright (1973).

La forma classica dell’AP, non frequente ma caratteristica, impegna le articolazioni IFD, mai coinvolte nell’Artrite Reumatoide (AR).

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Figura 6 — AP classica con impegno delle IFD (una delle 2).

I pazienti che hanno un coinvolgimento delle IFD presentano spesso coinvolgimento delle unghie (distrofia ungueale — od onicopatia — psoriasica).

Nella forma mutilante, rara, vi è una marcata erosione ossea delle ossa lunghe della mano (falangi e metacarpi) e, talora, del piede (falangi e metatarsi).

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Figura 7 — Rx di mano con AP di tipo mutilante.

Nell’AP, l’impegno articolare periferico è tipicamente oligoarticolare e asimmetrico; quando l’impegno è poliarticolare (> 4 articolazioni) è più spesso simmetrico (forma simil-reumatoide).

La forma oligoarticolare, che è la più comune, coinvolge prevalentemente meno di 4 articolazioni, in modo asimmetrico o monoarticolare con preferenza per le grandi articolazioni degli arti inferiori, quali anche, ginocchia, caviglie. Alcune articolazioni, come le IFD, sono tipicamente compromesse; caratteristica è la dattilite, un’infiammazione “a salsicciotto” del dito, che si presenta tumefatto, arrossato e dolente, dovuta al contemporaneo interessamento flogistico dei tendini e delle articolazioni di un dito della mano o del piede.

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Figura 8 — Dattilite al piede in AP.

Le entesi maggiormente colpite nell’AP sono quelle del tendine d’Achille e della fascia plantare. Ma anche le entesi a livello di grande trocantere, epicondilo, spalla, bacino (pube, cresta iliaca, tuberosità ischiatica), torace e rachide sono spesso colpite.

Contrariamente a quanto avviene nella SA, nell’AP la spondilite è spesso asimmetrica e i sindesmofiti sono più grossolani, in quanto non originano dal margine, bensì dal corpo vertebrale. Il coinvolgimento delle articolazioni sacroiliache è presente in 1/3 dei pazienti.

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Figura 9 — Rx di spondilite psoriasica con sindesmofitinon marginali.

Diagnosi

La diagnosi di AP è eminentemente clinica e si basa sulla presenza delle manifestazioni articolari associate alla presenza di psoriasi cutanea nel paziente o in un familiare di primo grado. Alcune manifestazioni tipiche (dattilite, impegno delle IFD) possono orientare la diagnosi anche se non è presente psoriasi e se non vi è familiarità. Caratteristica è la negatività del FR e degli anticorpi anti-citrullina.

La PCR e la VES sono in genere elevate nelle fasi acute, soprattutto se vi è impegno poliarticolare o coinvolgimento delle grandi articolazioni.

Indagini strumentali

Nell’AP le caratteristiche radiologiche dello scheletro assiale sono simili a quelle descritte per la SA, con qualche differenza: nell’AP la sacroileite spesso è asimmetrica e i sindesmofiti non sono marginali, sono asimmetrici e grossolani.

A livello dello scheletro periferico, nell’AP è presente iperproduzione ossea, che conferisce un aspetto “cotonoso” alla corticale (periostite), ben visibile nelle ossa lunghe di mani e piedi.

La radiografia convenzionale evidenzia anche le alterazioni entesitiche (immagini radiopache a livello delle entesi), come ad esempio lo sperone calcaneare.

Prognosi

La prognosi dell’AP varia molto in relazione al tipo d’impegno clinico presente. Si va da forme lievi (le forme mono- od oligoarticolari) a forme più impegnative, quali le formi poliarticolari, mutilanti e spondilitiche.

La malattia ha in genere decorso intermittente, con periodi più o meno lunghi d’inattività. L’evoluzione aggressiva non è la più comune. La giovane età all’esordio, la presenza di determinati marcatori genetici, l’interessamento poliarticolare, il coinvolgimento delle anche, la persistenza di elevati indici di flogosi, la spondilite attiva sono fattori prognosticamente negativi sull’evolutività dell’artrite.

Terapia

Si differenzia a seconda delle forme. Nelle forme oligo- o monoarticolari sono talora sufficienti FANS prescritti per un tempo limitato (15-20 giorni), che vengono ripetuti periodicamente in base all’entità della flogosi e del dolore.

Gli steroidi per via sistemica vanno usati con giudizio perché, alla loro sospensione, è possibile una riacutizzazione dell’impegno cutaneo. Gli steroidi possono essere utilizzati per via locale (infiltrazioni) per il trattamento di monoartriti o entesiti localizzate.

I DMARDs (farmaci “di fondo”) tradizionali sono efficaci per il trattamento delle articolazioni periferiche, ma non del rachide. Tra questi, la salazopirina è efficace solo sull’impegno articolare, mentre methotrexate, ciclosporina e leflunomide lo sono anche sulla psoriasi cutanea. Tra i DMARDs biologici, gli inibitori del TNF-α, quali infliximab, adalimumab ed etanercept, agiscono efficacemente sia sull’impegno articolare periferico che su quello assiale e anche sull’impegno cutaneo.

Visto che rispetto all’AR, in genere l’AP ha un decorso più favorevole e più controllabile con la terapia standard, tali farmaci, per i loro potenziali effetti collaterali e l’alto costo, vanno usati soltanto se le terapie tradizionali falliscono.