Parte seconda
6. Le connettiviti

6.b Il trattamento riabilitativo delle connettiviti. Evidenze scientifiche

Indice dell'articolo

Sclerosi sistematica

La Sclerosi Sistemica (SSc) è una malattia sistemica del tessuto connettivo caratterizzata da alterazioni vascolari che inducono fibrosi a livello della cute e di numerosi organi e apparati, il cui trattamento medico è necessariamente multidisciplinare e coordinato dal reumatologo.

Allo stesso modo, la compromissione degli apparati muscolo-scheletrico, cutaneo e respiratorio richiede una terapia riabilitativa effettuata da un team multidisciplinare (fisiatra, fisioterapista, podologo, terapista occupazionale1) in cui il reumatologo, come raccomandato per la spondilite anchilosante2, svolge un ruolo centrale.

Tuttavia, sebbene programmi di riabilitazione e di fisioterapia siano raccomandati per prevenire e ridurre le disabilità derivate dal coinvolgimento cutaneo e muscolo-scheletrico della SSc, pochi studi sono pubblicati sull’argomento3 e la terapia riabilitativa non è compresa nelle raccomandazioni EULAR (European League Against Rheumatism) sulla gestione dei pazienti con SSc4.

Alterazioni delle mani e del volto

Le alterazioni delle mani e del volto in corso di SSc, dovute principalmente all’impegno cutaneo, sono molto disabilitanti.

I maggiori predittori di disabilità nella SSc sono la gravità dei problemi respiratori e il subset di SSc cutanea diffusa5. La disabilità è direttamente correlata col coinvolgimento cutaneo, le deformità delle mani, la forza muscolare e l’impegno cardiaco o renale6.

La compromissione della cute è presente in tutti i pazienti con SSc e ha un andamento centripeto, interessando precocemente ed elettivamente le mani e il volto; in seguito tutte le altre sedi cutanee sono potenzialmente interessate.

Il coinvolgimento cutaneo può essere diviso in 3 fasi successive:
- a) edematosa;
- b) sclerotica;
- c) atrofica.
Nella patogenesi della fase edematosa ha un ruolo importante la microangiopatia dei vasi linfatici, contemporanea a quella dei vasi sanguigni, che produce fuoriuscita di liquido e macromolecole nell’interstizio cutaneo7. L’edema limita il movimento delle dita (puffy digit) e la funzione delle mani. All’edema segue la fibrosi della cute, che aumenta di consistenza, divenendo poco elastica, non sollevabile in pliche, lucida, tesa e aderente al sottocute, il quale, retraendosi, determina le deformità delle mani e del volto. Nella successiva fase atrofica la cute si assottiglia per la riduzione di spessore del derma.

La sclerosi cutanea provoca l’irrigidimento in flessione delle dita sino alla deformità delle “mani ad artiglio”, con riduzione della flesso-estensione e prono-supinazione dei polsi, anchilosi in flessione delle articolazioni interfalangee prossimali e distali, perdita della flessione delle metacarpo-falangee e della mobilità del pollice, bloccato in adduzione e flessione. Nella fase atrofica, i movimenti delle mani e dei polsi si riducono ulteriormente.

Il volto sclerodermico in fase sclerotica presenta numerose alterazioni, quali microstomia, presenza di pieghe radiali intorno alla bocca, microcheilia, naso affilato, spianamento delle rughe e amimia, che provocano disabilità nella masticazione, nell’alimentazione, nell’eloquio, difficoltà nell’igiene orale e nei trattamenti odontoiatrici e conseguentemente problemi estetici e peggioramento della qualità di vita8.

Le alterazioni anatomiche e funzionali delle mani e del volto sono causate e aggravate anche dalla compromissione dell’apparato muscolo-scheletrico e del microcircolo, responsabile del fenomeno di Raynaud e delle ulcerazioni delle parti distali delle dita, del naso e delle orecchie, che possono condurre alla perdita di tessuto sino all’autoamputazione9.

A livello dell’Articolazione Temporo-Mandibolare (ATM), il riassorbimento osseo causa osteolisi dei condili, dei rami e degli angoli della mandibola, comportando dolore, riduzione dei movimenti della mandibola e quindi ridotta apertura della bocca. La salute orale è ulteriormente compromessa dalla xerostomia, dovuta alla frequente sindrome di Sjögren secondaria, dalle alterazioni dentali, paradentali, dalla retrazione del palato e dalla fibrosi del frenulo linguale10.

Disabilità e qualità di vita

Recentemente, mediante un questionario che valuta l’impatto funzionale, sociale e psicologico della malattia a livello orale (Oral Health Impact Profile, OHIP), nei pazienti con SSc sono state rilevate condizioni orali e qualità di vita riferita alla salute orale (OHRQoL) peggiori rispetto ai controlli sani11.

Nella SSc, la compromissione cutanea delle mani e del volto peggiora i rapporti interpersonali, le funzioni psicosociali e l’autostima, tanto da essere tra i principali fattori correlati all’insoddisfazione legata all’immagine che risulta addirittura superiore rispetto a quella riferita dai pazienti con ustioni cutanee estese12. Nei pazienti con SSc, il disagio per le modificazioni facciali è superiore a quello legato alla compromissione “ad artiglio” delle mani13, e si manifesta soprattutto per microcheilia, rughe periorali, facies amimica e microstomia.

Nostri studi hanno dimostrato che nella SSc le disabilità locali delle mani e del volto, misurate con scale specifiche (Cochin Hand Function Disability Scale, CHFDS; Hand Mobility In Scleroderma scale, HAMIS; Mouth Handicap In SSc scale, MHISS14), sono correlate ad aumentata disabilità globale (HAQ) e a riduzione della qualità di vita (SF3615), più compromesse nel subset diffuso, rispetto a quello limitato. Inoltre le disabilità locali e globale incidono sul benessere psicologico, influenzando la depressione e l’ansia, sintomi molto frequenti in corso di SSc16.

Per quanto riguarda la qualità di vita, studi del nostro gruppo hanno rilevato che l’affaticabilità e la disabilità alle mani sono determinanti indipendenti della qualità di vita fisica (valutata con Indice Fisico — ISF — di SF36) nei pazienti con SSc. Determinanti indipendenti della qualità di vita mentale (valutata con Indice Mentale — ISM — di SF36) sono l’affaticabilità, il comportamento di evitamento delle strategie di coping e l’ansia, le cui determinanti indipendenti (disabilità orale, autostima e sostegno sociale delle strategie di coping) sono state incluse nel modello per valutare le influenze sulla qualità di vita mentale. Quindi, la disabilità delle mani è importante determinante di ISF e la disabilità orale è una determinante importante dell’ansia, che a sua volta influisce sull’ISM17.

Per quanto riguarda la disabilità, le difficoltà nelle attività della vita quotidiana (ADL) sono riferite principalmente alla compromissione funzionale delle mani, in particolare alla rigidità e alla riduzione della forza di presa e della destrezza18. Si è inoltre rilevata una riduzione della capacità lavorativa del 50% nelle donne con SSc, correlata con la disabilità nelle ADL e con la percezione di benessere19. Anche il dolore, l’affaticabilità e la compromissione della funzione manuale risultano avere un impatto dominante sulla disabilità20.

Terapia riabilitativa

Nonostante la loro frequenza e la disabilità che causano, le alterazioni delle mani e del volto dei pazienti con SSc sono sottovalutate e non esaurientemente studiate e trattate, probabilmente perché offuscate dal concomitante, grave, coinvolgimento sistemico.

Il trattamento riabilitativo è efficace nel prevenire e ridurre la compromissione delle mani e del volto, contrariamente alla terapia farmacologica, che ha scarsi effetti.

Riabilitazione delle mani. Gli obiettivi del trattamento sono il miglioramento del movimento, della funzionalità e della forza delle mani e l’incremento della partecipazione alle ADL, come la cura di sé, la gestione domestica, il tempo libero e il lavoro, e quindi il miglioramento della qualità di vita.

Un programma di esercizi di stretching domiciliari, eseguito per un mese, induceva un miglioramento della funzione delle dita che si manteneva per un anno21. La mobilizzazione delle dita unita alla termoterapia, effettuata mediante applicazione di paraffina, migliorava la mobilità delle mani, la rigidità e l’elasticità cutanea22 e apportava maggiore beneficio nelle misure della struttura-funzione delle mani rispetto a quelle della funzione delle mani in relazione ad attività-partecipazione23.

Splint dinamici, che applicano una forza costante di stretching sulle articolazioni, non erano efficaci nel mantenere o nel migliorare l’estensione delle articolazioni interfalangee prossimali in pazienti con SSc24. L’uso di splint è controverso anche perché, generando attrito sulla cute, può contribuire a provocare ulcerazioni cutanee.

Il nostro gruppo ha effettuato 2 studi randomizzati e controllati sulla riabilitazione delle mani sclerodermiche, con metodiche diverse secondo la fase della malattia.

Uno studio, effettuato in pazienti con SSc in fase edematosa, ha valutato l’efficacia del drenaggio linfatico manuale, metodica Vodder, eseguito per 5 settimane sulle mani di pazienti con SSc, rispetto a un gruppo di controllo. Il linfodrenaggio ha ridotto significativamente il volume della mano e ne ha migliorato la funzione (valutata con HAMIS), il dolore e la percezione di edema e la loro interferenza nelle ADL; anche la disabilità globale (HAQ) e la qualità di vita (ISF e ISM di SF36) sono significativamente migliorate, con tutti i risultati (tranne l’ISM) mantenuti al follow up di 9 settimane25.

Un altro studio ha valutato l’efficacia sulle mani dei pazienti con SSc in fase sclerotica di un protocollo di 9 settimane che combinava massaggio connettivale, manipolazioni di McMennell ed esercizi domiciliari giornalieri personalizzati, rispetto a un protocollo di soli esercizi domiciliari. Nei pazienti trattati col primo protocollo, alla fine del trattamento miglioravano significativamente la chiusura a pugno e la funzione della mano (HAMIS e CHFDS) e anche la disabilità globale (HAQ) e la qualità della vita (ISF, ISM), rispetto al gruppo di controllo. Tutti i risultati, tranne l’ISF e l’ISM, si mantenevano al follow up di 9 settimane. Nel gruppo che eseguiva gli esercizi domiciliari migliorava soltanto la chiusura della mano26.

Riabilitazione del volto. Gli obiettivi del trattamento sono il miglioramento delle funzioni orali (apertura buccale, masticazione, deglutizione), il recupero della mimica facciale e delle escursioni del rachide cervicale.

Programmi di esercizi domiciliari di stretching, comprensivi dell’esagerazione dei normali movimenti facciali, lo stretching manuale della bocca — eseguito coi pollici — ed esercizi di potenziamento muscolare con l’ausilio dell’abbassa-lingua hanno migliorato significativamente l’apertura della bocca27. Tali esercizi, migliorando la funzione orale, possono aiutare a mangiare, a parlare, a effettuare l’igiene dentale e pertanto a migliorare la qualità di vita orale.

È stata esaminata l’efficacia di un programma di combinazione specifico per il volto dei pazienti con SSc in fase sclerotica, comprensivo di massaggio connettivale, tecnica di Kabat (metodica di facilitazione propriocettiva neuromuscolare), esercizi di chinesiterapia ed esercizi domiciliari quotidiani, rispetto ai soli esercizi domiciliari. Il gruppo trattato col primo programma è migliorato significativamente nell’apertura della bocca, nello skin score e nella disabilità orale, mentre il gruppo di controllo ha riportato solo un aumento dell’apertura della bocca28.

Nei pazienti sclerodermici, tuttavia, la riabilitazione del volto dev’essere completata dalla valutazione e dal trattamento dell’ATM, la cui disfunzione non permette il completo recupero della disabilità orale.

Uno studio del nostro gruppo paragona gli effetti di un protocollo comprensivo di metodi impiegati per la riabilitazione del volto e di tecniche manuali sull’ATM (manipolazioni intra- ed extraorali, stretching e mobilizzazioni del distretto cranio-cervicale), rispetto a un programma di esercizi domiciliari. I risultati preliminari dimostrano che l’Helkimo Index29, che valuta la disfunzione articolare, migliora solamente nel gruppo che esegue il protocollo completo30.

Riabilitazione globale. La riabilitazione dei pazienti con SSc, al pari di quella delle altre affezioni reumatiche, deve comprendere, oltre ai trattamenti rivolti alle maggiori alterazioni distrettuali — da svolgersi precocemente, allo scopo di ridurre il dolore e di prevenire il danno e la deformità articolari nel settore maggiormente compromesso —, anche un programma riabilitativo globale per migliorare la postura, la respirazione, la forza muscolare e lo stato generale di salute. Pertanto, l’apparato locomotore va trattato nella sua interezza per evitare l’aggravamento delle compromissioni in altre sedi e per prevenire i danni dovuti agli aggiustamenti posturali e gestuali di compenso31.

È stato rilevato che l’effettuazione di esercizi aerobici d’intensità progressivamente crescente32, anche associati a esercizi di potenziamento muscolare33, migliora la capacità aerobica e la forza muscolare in pazienti con SSc senza coinvolgimento polmonare. Questi risultati vanno però considerati con cautela, in quanto eseguiti su piccoli gruppi di pazienti con malattia in remissione. In corso di SSc, a causa del coinvolgimento di organi interni e del sistema muscolo-scheletrico, nell’esecuzione dell’attività aerobica e degli esercizi di rafforzamento devono essere rispettate la soglia dell’affaticabilità e quella del dolore; dunque, il livello e l’intensità degli esercizi devono essere adattati e personalizzati per ogni paziente.

È stata valutata l’efficacia anche di protocolli globali e multidisciplinari. Un programma personalizzato di esercizi in palestra comprensivo di esercizi respiratori e stretching, terapie fisiche ed esercizi domiciliari, eseguito per 4 mesi, ha migliorato qualità di vita, mobilità delle mani e resistenza all’esercizio fisico34.

Un lavoro del nostro gruppo ha valutato l’efficacia di un programma multidisciplinare personalizzato che comprendeva la riabilitazione combinata specifica del volto (massaggio connettivale, Kabat, chinesiterapia) e delle mani (massaggio connettivale, manipolazioni di McMennell nella fase sclerotica, linfodrenaggio manuale nella fase edematosa) e la riabilitazione globale (idrochinesiterapia con esercizi di respirazione, potenziamento e stretching, oppure esercizi individualizzati in palestra, comprensivi di esercizi respiratori, di stretching e di consapevolezza corporea). Al termine del trattamento, i pazienti erano migliorati significativamente nella disabilità globale e nella qualità di vita (ISF e ISM di SF36, HAQ) oltre che nelle disabilità delle mani (HAMIS, CHFDS, chiusura della mano) e del volto (apertura della bocca e disabilità del volto). Al follow up di 2 mesi i risultati erano mantenuti per il test di HAMIS e l’apertura della bocca, ma non per gli altri parametri. Nessuna variazione è stata osservata nel gruppo di controllo, che aveva seguito soltanto un programma educazionale35. I risultati di tale studio sottolineano l’importanza della differenziazione dei percorsi riabilitativi nelle diverse fasi, della personalizzazione, della multidisciplinarità e della globalità dell’approccio nella riabilitazione della SSc.

La gestione di una malattia complessa come la SSc richiede il coinvolgimento e la partecipazione del paziente per aumentare la compliance al trattamento. In questo senso, possono essere utili le terapie mente-corpo36, che, integrando le componenti fisiche a quelle mentali ed emotive, permettono di migliorare la percezione e la consapevolezza corporea e di avere un ruolo attivo nel percorso di rieducazione globale. A tal proposito, nei pazienti con SSc, è stata dimostrata l’efficacia del metodo Rességuier sulla qualità di vita, del sonno e del movimento e sulla riduzione del dolore. Questo metodo, per le sue caratteristiche, è utilizzabile anche quando altre metodiche non sono applicabili per la compromissione generale del paziente37.

Altri concetti da sottolineare sono l’importanza della supervisione di fisioterapisti nei percorsi riabilitativi38 e l’inopportunità d’impiegare attrezzature che potrebbero provocare lesioni anche gravi, essendo meno sensibili delle mani di un fisioterapista esperto, che utilizza come guida la soglia del dolore e dell’affaticabilità dei pazienti.

La riduzione dell’efficacia delle metodiche rilevata al follow up avvalora la necessità della continuità del trattamento riabilitativo nelle malattie reumatiche croniche. È quindi consigliabile programmare ripetuti cicli di terapia che alternino sedute individuali a corsi in gruppo, supervisionati dal fisioterapista, esercizi domiciliari personalizzati e una costante attività fisica, compatibilmente con la fase e lo stato di malattia.

Malgrado numerosi studi sul trattamento riabilitativo in corso di SSc coinvolgano campioni di piccole dimensioni, da questi emerge la notevole efficacia della riabilitazione, la quale, se effettuata da fisioterapisti esperti, è sicura e priva di effetti collaterali. Comunque, sono necessari studi controllati randomizzati di alta qualità che confermino l’efficacia di protocolli riabilitativi personalizzati.

Lupus eritematoso sistematico

Il Lupus Eritematoso Sistemico (LES) è una malattia infiammatoria cronica sistemica a eziologia ignota e a patogenesi autoimmunitaria. Si suppone che fattori scatenanti (quali infezioni, ormoni, raggi UVA) interagiscano con fattori predisponenti (genetici, associati o meno al sistema HLA, Human Leucocyte Antigens) e ormonali, come testimoniato dalla maggiore incidenza nelle donne rispetto agli uomini, e inducano disordini della immunoregolazione e dell’apoptosi, tra cui l’attivazione policlonale dei linfociti B, con la produzione di auto-anticorpi.

Il LES interessa molti organi e apparati, tra cui emergono per frequenza e gravità: cute, articolazioni e sistema muscolo-scheletrico, apparato cardio-circolatorio (cuore), respiratorio (polmoni), genito-urinario (reni), sistema nervoso centrale e periferico, sistema emopoietico.

Manifestazioni generali: astenia, febbre, perdita di peso.
Cute:
— Manifestazioni specifiche: lupus eritematoso cutaneo cronico o lupus discoide, lupus cutaneo subacuto, LES cutaneo acuto (eritema a farfalla);
— Manifestazioni aspecifiche: panniculite, lesioni orticarioidi, vasculiti, porpora, fenomeno di Raynaud, livedo reticularis, alopecia.
Mucose: lesioni orali, genitali, congiuntivali, anali, xerostomia, xeroftalmia (sindrome di Sjögren secondaria).
Apparato muscolo-scheletrico: compromissioni articolari, tendinee, muscolari.
Alterazioni ematologiche: anemia, leucopenia, linfopenia, piastrinopenia.
Cuore: pericardite, endocardite, miocardite, cardiopatia ischemica.
Polmone: pleurite, polmonite acuta, polmonite interstiziale cronica, ipertensione polmonare.
Apparato gastroenterico: gastrite, ulcera da FANS, pancreatite, epatite cronica attiva.
Rene: nefrite lupica, sindrome nefrosica, nefrite interstiziale.
Sistema nervoso centrale: sindrome cerebrale organica, psicosi, epilessia, disordini dei movimenti involontari, lesioni del midollo spinale.
Sistema nervoso periferico: coinvolgimento dei nervi cranici e dei nervi periferici.

Tabella 1 — Manifestazioni cliniche del LES.

Il quadro clinico è assai vario per la molteplicità degli organi colpiti sia all’esordio che durante il decorso. La prognosi è spesso severa. La terapia è prevalentemente farmacologica e si basa sull’utilizzo, sovente combinato, di FANS (Farmaci Antinfiammatori Non Steroidei), cortisonici, antiaggreganti o anticoagulanti e immunosoppressori.

Terapia riabilitativa. In una malattia complessa come il LES, la terapia riabilitativa è utilizzata per trattare il coinvolgimento articolare cronico (morbo di Jaccoud) e per ricondizionare i pazienti.

I pazienti con LES, a causa di molteplici e talora gravi manifestazioni di malattia (affaticabilità, anemia, coinvolgimento di cuore, polmoni e apparato muscolo-scheletrico), sono spesso decondizionati e hanno ridotte capacità di esercizio e fitness cardiovascolare.

È stato dimostrato che un’attività fisica controllata, a bassa intensità, eseguita con moderazione, migliora vari parametri fisiologici, quali ritmo cardiaco, capacità aerobica, tolleranza e resistenza all’esercizio e funzione endoteliale, e riduce anche i livelli di citochine infiammatorie.

A livello clinico, l’esercizio fisico e la riabilitazione in pazienti con LES con bassa o moderata attività di malattia migliorano l’affaticabilità, la capacità aerobica, la funzione fisica e la depressione. Pertanto l’esercizio fisico e la riabilitazione dovrebbero essere inclusi anche nel trattamento dei pazienti con LES con bassa o moderata attività di malattia. Gli esercizi devono comunque essere prescritti ed eseguiti con attenzione per non aggravare i sintomi della malattia.

I risultati degli studi vanno comunque presi con cautela poiché eseguiti su piccoli gruppi di pazienti con malattia in remissione. Sono necessarie ulteriori ricerche per valutare l’effetto dell’esercizio su gruppi di pazienti con diversa attività e gravità di malattia e per documentare l’impatto a lungo termine.

Polimiosite e dermatomiosite

La Polimiosite (PM) e la Dermatomiosite (DM) sono malattie infiammatorie sistemiche, dette anche “miositi infiammatorie”, a eziologia sconosciuta e a patogenesi autoimmune, in cui il muscolo scheletrico è leso da un processo infiammatorio.

S’ipotizza che agenti scatenanti (infettivi, probabilmente virali) interagiscano con fattori genetici associati al sistema HLA e inducano disordini dell’immunoregolazione, tra cui l’attivazione dei linfociti B, con la produzione di auto-anticorpi antinucleo non organo-specifici e la flogosi (soprattutto della muscolatura striata) che si automantiene e cronicizza.

Il termine “polimiosite” è utilizzato quando l’affezione risparmia la cute; il termine “dermatomiosite”, quando l’interessamento dei muscoli scheletrici è associato al caratteristico rash cutaneo.

Benché le miositi infiammatorie interessino principalmente i muscoli scheletrici (causando astenia, dolorabilità, debolezza) e la cute, anche molti organi e apparati sono coinvolti, tra cui le articolazioni e gli apparati cardio-circolatorio, gastroenterico, respiratorio, urinario.

Cute:
— Manifestazioni patognomoniche: papule di Gottron; segno di Gottron.
— Manifestazioni caratteristiche: mani “da meccanico” (eritema ipercheratosico con fessurazioni delle dita), rash eliotropo simmetrico, eritema localizzato o diffuso (da fotosensibilità).
Muscoli scheletrici: dolore muscolare e astenia ingravescente (cingoli, collo, muscoli prossimali degli arti), atrofia e contratture muscolari (fase avanzata). 
Articolazioni: artralgie, artriti.
Apparato gastroenterico: disfagia, emorragie gastrointestinali. 
Reni: insufficienza renale. 
Sintomi sistemici: febbricola, prurito, anoressia.

Tabella 2 — Manifestazioni cliniche di PM e DM.

Il quadro clinico è vario per la molteplicità degli organi interessati, e la prognosi è talora severa. Nella terapia, prevalentemente farmacologica, si usano FANS, cortisonici, immunoglobuline per via endovenosa e immunosoppressori, spesso combinati tra loro.

Terapia riabilitativa. Nelle miositi infiammatorie l’esercizio fisico mira a prevenire l’atrofia da non-uso delle fibre muscolari non compromesse e le retrazioni muscolari che aggravano la disabilità dovuta alla perdita di fibre muscolari.

Studi degli anni Novanta del secolo scorso rilevavano che l’esercizio, soprattutto se utilizzava contrazioni muscolari eccentriche, riacutizzava la malattia, inducendo ulteriore danno e flogosi muscolare.

Studi più recenti hanno mostrato che nella PM e nella DM differenti tipi di esercizi fisici (isometrici, di resistenza, stretching, rafforzamento muscolare) con attività fisica anche intensiva, miglioravano la funzione e la forza muscolare senza aumentare l’attività di malattia né i segni di flogosi nelle biopsie muscolari.

L’esercizio fisico è associabile alle terapie farmacologiche (con cui sinergizza), migliora l’ossigenazione del muscolo, la capacità aerobica, riduce la disabilità, è sicuro nei pazienti con PM e DM in fase precoce, è ben tollerato nei pazienti con DM giovanile.

L’esercizio attivo, se adattato all’attività di malattia e al grado di disabilità, può essere incluso nella riabilitazione delle miositi in tutti gli stadi di malattia, utilizzando l’astenia e il dolore del paziente come guide. Sono comunque necessari studi con casistiche più ampie e lunghi follow up per stabilire i benefici dei diversi tipi di esercizio fisico e soprattutto la loro sicurezza.