Parte seconda
9. L’osteoporosi

9.b Il trattamento riabilitativo nell’osteoporosi. Evidenze scientifiche

L’Osteoporosi (OP) è una malattia sistemica dello scheletro caratterizzata da una ridotta massa ossea e da alterazioni qualitative dell’osso, che diventa fragile e maggiormente esposto al rischio di fratture, dovute anche a traumi minimi, che costituiscono l’evento clinico più rilevante dell’OP e che interessano tipicamente il polso, le vertebre e il femore.

La prevenzione dell’OP è fondamentale, giacché le sole cure farmacologiche riescono spesso a rallentare o a interrompere la perdita di massa ossea, ma raramente portano al suo incremento.

La prevenzione primaria consiste nel cercare di raggiungere una massa ossea adeguata in età giovanile, mentre la prevenzione secondaria consiste nel mantenimento/riduzione della perdita della massa ossea raggiunta all’età del picco di massa ossea (35-40 anni). Quest’ultima si fonda su 3 punti:

  1. assumere una quantità adeguata di calcio e vitamina D3;
  2. eliminare o ridurre le abitudini dietetiche (dieta vegetariana, iperproteica, ipersodica) e voluttuarie (fumo e consumo di alcol) che possono causare perdita di massa ossea;
  3. evitare la sedentarietà ed eseguire un’adeguata attività fisica o meglio esercizio fisico1.

Parecchi studi scientifici hanno evidenziato l’importanza dell’esercizio fisico terapeutico in rapporto all’azione di stimolazione meccanica e dinamica sull’osso. Le sollecitazioni meccaniche sul tessuto osseo (forze di tensione e compressione) generano sulla superficie ossea delle correnti elettriche che costituiscono un potente stimolo per l’attività osteoblastica. Le conclusioni a cui giungono i vari studi non sempre sono in assonanza tra loro, ma quasi tutti sono comunque concordi nel rilevare il ruolo trofico sull’osso delle sollecitazioni meccaniche.

L’esercizio fisico terapeutico viene definito un’attività fisica programmata, strutturata e ripetuta, atta a migliorare e mantenere l’efficienza fisica. Gli obiettivi che si prefigge nelle malattie reumatiche sono il miglioramento della motilità articolare, della forza muscolare e della forma fisica.

Non è necessario praticare esercizio a livello agonistico per raggiungere e mantenere una buona mineralizzazione ossea: anche un’attività fisica costante2, inclusa in uno stile di vita attivo, può essere sufficiente, poiché già azioni semplici, come camminare, ballare, salire le scale, portare i sacchetti della spesa, in quanto condotte contro-gravità, stimolano sia i muscoli scheletrici che la massa ossea. Scarsamente utile è, viceversa, il nuoto, poiché il corpo viene sostenuto dall’acqua e quindi il movimento non grava sullo scheletro. L’esercizio a corpo libero e la danza, anche praticati domiciliarmente, purché con regolarità, sono utili perché aumentano la sicurezza e la disinvoltura dei movimenti, riducendo il rischio di cadute. I programmi di esercizio fisico, se impegnativi, dovrebbero essere eseguiti in centri specializzati e sotto la guida di allenatori preparati e previo controllo medico, soprattutto se la massa ossea è ridotta.

Varie evidenze scientifiche pubblicate sulla «Cochrane Review3», sulle linee guida e raccomandazioni di varie società scientifiche nazionali4 ed europee5 hanno fornito importanti orientamenti e strategie per capire come prescrivere l’esercizio fisico e impostare un programma riabilitativo in soggetti affetti da OP.

Le linee guida della Società Italiana dell’Osteoporosi, del Metabolismo Minerale e delle Malattie dello Scheletro (SIOMMMS) sulla prevenzione e sul trattamento non-farmacologico dell’OP pubblicate nel 2012 sottolineano che in letteratura le evidenze sull’esercizio fisico sull’osso sono ancora scarse6. Comunque, le raccomandazioni della SIMFER (Società Italiana di Medicina Fisica e Riabilitativa) indicano che nei pazienti con OP la riabilitazione dev’essere iniziata precocemente per ridurre il rischio di nuove fratture, valutando periodicamente la DMO (Densità Minerale Ossea) e il rischio di frattura a essa correlato7.

È noto infatti che, in corso di OP, periodi anche brevi d’immobilizzazione sono deleteri per la DMO. Tuttavia, l’impatto di programmi di esercizio fisico sulla prevenzione dell’OP varia in funzione della frequenza, durata, intensità del programma e dell’età d’inizio. Inoltre l’efficacia dell’esercizio fisico è sede-specifica, pertanto devono essere scelti esercizi che possano agire sui segmenti corporei di maggior interesse clinico.

Dagli studi disponibili in letteratura emerge che gli effetti dell’attività fisica sulla DMO vanno distinti a seconda dell’età.

In ragazzi prepuberi o in giovani adulti, solo gli esercizi che comportano carico scheletrico risultano efficaci e al momento non vi sono sufficienti evidenze per raccomandare tali esercizi né in prevenzione primaria né in prevenzione secondaria.

Nelle donne in pre-menopausa, programmi di allenamento che combinano attività ad alto impatto con allenamento di resistenza ad alta intensità aumentano la DMO a livello dell’anca e del rachide. Protocolli che utilizzano solo esercizi ad alto impatto sono efficaci esclusivamente sulla DMO dell’anca8.

In donne in post-menopausa, l’attività fisica con carico è in grado di prevenire l’1% della perdita annuale della DMO, con beneficio maggiore sul rachide e con gli esercizi d’impatto.

Nelle donne in post-menopausa, programmi che combinano jogging con altre attività a basso impatto e programmi che includono attività ad alto impatto e allenamento di resistenza riducono la perdita di DMO a livello dell’anca e del rachide. Altre forme di esercizio appaiono meno efficaci nel preservare la DMO in questa popolazione9.

Negli uomini di mezza età o anziani, gli esercizi di resistenza, da soli o in combinazione con attività ad alto impatto, sembra abbiano effetto migliore sulla DMO rispetto a un’attività fisica che includa la sola camminata e quindi sono consigliabili per prevenire l’OP10.

Per quanto riguarda il tipo di esercizio, vi sono forti evidenze che l’esercizio aerobico riduca la perdita di DMO al rachide e al polso e che gli esercizi di rinforzo muscolare causino un aumento di DMO sede-specifico, mantenuto a breve-medio termine.

Nelle donne con OP post-menopausale, programmi di attività fisica sia di breve che di lunga durata migliorano la qualità di vita, riducendo il dolore e migliorando la funzione fisica e la vitalità11.

Pur esistendo una relazione inversa tra attività fisica e rischio di frattura femorale12, è discusso se l’esercizio fisico, pur migliorando la DMO, abbia effetti significativi sulle fratture13. Infatti, pur essendovi prove che l’esercizio riduca le fratture in generale e, in minor grado, le fratture vertebrali negli anziani, vi sono bias di pubblicazione negli studi clinici che indeboliscono tale asserzione.

Pertanto è necessaria l’impostazione di studi su programmi di esercizi che valutino l’effetto sulle fratture come endpoint primario14.

Per quanto concerne la prevenzione delle cadute (che possono comportare fratture, soprattutto al femore), i fattori di rischio come malattie neuromuscolari, deficit visivi, malattie cardiovascolari, deficit cognitivi e assunzione di psicofarmaci sono spesso modificabili in un contesto di interventi multidisciplinari e il loro controllo è stato associato a un minor rischio di cadute e di danni correlati.

Gli esercizi di resistenza ed equilibrio, per ridurre i rischi di caduta, sono ritenuti efficaci, nei soggetti più anziani, se personalizzati e mirati ai problemi specifici dell’individuo, come riduzione di forza, equilibrio, agilità e acuità visiva, malattie internistiche e terapie in atto15.

Tra i programmi fisici che migliorano l’equilibrio, può essere utile il Tai Chi, la cui efficacia sulla DMO è, in ogni modo, controversa16.

Gli esercizi di agilità sono un’utile alternativa nei pazienti che non possono eseguire programmi di rinforzo muscolare17. La riabilitazione posturale che includa esercizi per la postura e per il rafforzamento dei muscoli estensori dorsali è fondamentale nel prevenire e correggere le deformità spinali, soprattutto l’ipercifosi, allo scopo di ridurre il dolore, di migliorare l’espansione toracica e d’incrementare la capacità vitale polmonare. Tale pratica permette inoltre il ripristino del centro di gravità del corpo, in una posizione atta a prevenire le cadute che possono portare a fratture da fragilità18.

Anche il Pilates, negli anziani, ha un’influenza positiva su forza, equilibrio, funzione e cadute, e può essere aggiunto o integrato coi tradizionali esercizi di resistenza ed equilibrio19.

L’esercizio fisico nei pazienti con OP, che venga prescritto per migliorare la DMO oppure per ridurre il rischio di frattura, va eseguito con costanza e dev’essere, comunque, parte di un programma di trattamento multidisciplinare che includa la terapia farmacologica nonché uno stile di vita e un’alimentazione appropriati.