Parte prima
4. Le terapie mente-corpo nella riabilitazione reumatologica

4.e Lo Yoga terapeutico

Indice dell'articolo

Lo Yoga è un ramo della filosofia indiana che ha lo scopo di unire il corpo fisico con la mente e il respiro. Seguendo tale approccio, ogni tentativo cosciente di modificare uno di questi fattori può essere usato per creare un cambiamento generale dell’intera struttura.

Lo Yoga è, infatti, un approccio integrato che tocca tutti gli aspetti dell’essere, quali il corpo, il respiro, la mente, l’alimentazione, l’uso dei sensi, le abitudini, la società e l’ambiente dell’individuo. Chi lo pratica compie un cammino alla scoperta di sé, delle proprie potenzialità e dei propri limiti e tende al conseguimento della libertà interiore. Non prevede l’adesione a un corpus dottrinario, ma aspira alla conoscenza tramite la propria esperienza individuale.

Le posture fisiche praticate in Occidente provengono dall’Hatha Yoga (Ha, “sole” o “forza vitale”; Tha, “luna” o “energia mentale”), sistema di Yoga che ha lo scopo di unire le forze mentali con quelle energetiche o praniche, verso uno sviluppo elevato di coscienza.

Cenni storici

I più antichi testi della cultura indiana e induista sono i Veda (termine sanscrito che significa “conoscenza”), trasmessi oralmente. Scritti in un periodo compreso tra il 1500 e il 1200 a.C., sono tra le prime opere a ipotizzare un’interdipendenza fra tutte le componenti dell’universo.

In un periodo successivo sono state scritte le Upanishad, testi sacri contenenti i precetti fondamentali della religione indù, alla base della moderna filosofia Yoga. In tali testi lo Yoga è visto come un sentiero da percorrere per raggiungere la liberazione dalla sofferenza attraverso la saggezza. La Bhagavad Gita è il più famoso di tutti i testi di Yoga che hanno avuto origine dalle Upanishad ed è il testo fondamentale per coloro che intendono dedicarsi allo Yoga. Si fonda sul principio secondo cui è necessario adempiere con rigore al proprio dovere senza pensare ai risultati e, tramite una storia densa di metafore sulla ricerca del divino da parte dell’uomo, descrive una serie di pratiche adottate dagli yogi del tempo (circa tremila anni fa).

Patanjali (vissuto presumibilmente tra il 200 a.C. e il 200 d.C.), considerato il fondatore dello Yoga (che definì come la capacità di dirigere e sostenere l’attività mentale senza distrazioni), riunì e organizzò in modo sistematico i vari testi dello Yoga. Yoga Sutra, la sua opera principale, è una fonte di riferimento per molte forme di meditazione e di Yoga attuali. Consiste in 195 aforismi. Sutra significa “filo”. Ha la stessa radice di “sutura”, cioè “cucitura”. I Sutra “cuciono”, ossia uniscono insieme una serie di concetti filosofici che forniscono il percorso dell’autorealizzazione.

Lo Yoga terapeutico

Questa denominazione è stata convalidata da esperienze condotte all’interno di un ospedale americano nei primi anni Ottanta del ventesimo secolo. L’assiduità delle pratiche adottate ha permesso di considerare tale disciplina come cura complementare a quella medico-farmacologica e quindi d’inserire lo Yoga tra le tecniche mente-corpo (o Body-Mind Techniques).

Lo Yoga terapeutico è pragmatico, integrativo e aperto ad accogliere qualunque tipo di cura, purché ogni affezione, seguita in modo personalizzato dal punto di vista medico, sia monitorabile nel corso degli esercizi, chiamati Asana, che devono essere praticati in modo attento, lento e costante nel tempo.

Uno dei concetti fondamentali su cui si basa lo Yoga è la considerazione del corpo come un’unica entità: lavorando per migliorare il funzionamento di un organo o di un sistema, si agisce su tutti gli altri. Come già accennato, secondo lo Yoga tutto è interconnesso. Perciò ogni segmento corporeo è intimamente collegato all’intera struttura, ogni cambiamento posturale modifica il respiro, che, se eseguito in maniera diversa, modifica le vie e i centri nervosi. Quindi, i meccanismi fisiologici condizionano quelli psicologici e viceversa.

Il respiro è la componente più importante di questa pratica, perché accompagna il movimento e ne favorisce la presa di coscienza. Tale funzione, normalmente automatica, ha effetti profondi sul sistema nervoso. Se effettuata in maniera consapevole, con ritmo regolare tra l’inspirazione e l’espirazione, elimina disarmonie e distrazioni mentali e può quindi migliorare gli stati d’ansia e di stress, in cui è presente un ritmo respiratorio alterato. Pertanto: respirazione lenta e profonda = sistema nervoso centrale rilassato = mente calma, senso di connessione con se stessi, empatia con gli altri = benessere.

Secondo quanto afferma il fisico Ervin Laszlo, Tutte le parti del corpo sono simultaneamente, dinamicamente e quasi istantaneamente correlate con tutte le altre. Dunque, la presa di coscienza del corpo in tutte le sue parti può condurre a un senso di compattezza e di unità con noi stessi e col mondo che ci circonda.

Come dice il maestro di Yoga Iyengar, riferendosi allo Yoga stesso:

Questa disciplina richiede concentrazione sul corpo al punto da farci sentire qual è la nostra parte più debole, considerando che la tensione di una o più regioni corporee indica un disturbo dell’organo interno corrispondente.

I disallineamenti e le disarmonie che ne derivano, di cui ci si rende consapevoli durante le posture, educano alla percezione. Infatti, mentre viene eseguita una postura, la cute, gli occhi, il naso e tutti gli organi di senso avvertono ciò che sta accadendo ai tessuti e la mente diviene più abile e attenta a discriminare le sensazioni sulle aree corporee. Inoltre, l’integrazione del respiro procura senso di benessere fisico e interiore.

Lo Yoga unifica movimento-respiro-mente e conduce verso un’evoluzione della conoscenza di sé che spinge verso il corpo e la cute, poiché, come scrive ancora Iyengar:

Tutte le azioni sono ricevute dalla cute, ma se le vostre membra compiono uno sforzo eccessivo nel distendersi durante l’Asana, la cute perde la sensibilità e non invia più messaggi al cervello.

Lo Yoga, come lavoro di crescita e di miglioramento, si sviluppa attraverso posture progressive, con passaggi graduali dal decubito supino alla posizione seduta, durante la quale si rendono evidenti gli appoggi, l’aderenza al terreno, le simmetrie articolari, l’allineamento vertebrale e la loro conseguente percezione.

La pratica costante dello Yoga favorisce lo sviluppo della forza vitale, migliora l’equilibrio su tutti i piani — emozionale-fisico-umorale-spirituale — e si distingue come metodo ottimale di riduzione dello stress, intensificando la connessione tra mente e organismo.

Lo Yoga non litiga con la scienza, affermava il medico e yogi Swami Shivananda. A dimostrazione di ciò, è stato rilevato che lo Yoga diminuisce i livelli di cortisolo ematici e salivari, di renina plasmatici, di noradrenalina ed epinefrina urinari, meccanismi che probabilmente sottendono gli effetti positivi dello Yoga sullo stress e sulle malattie a esso legate.

Infatti, ci sono evidenze sempre maggiori sull’efficacia di differenti programmi di Yoga nella prevenzione e nella gestione dello stress, della depressione, dell’ansia, delle coronaropatie, dell’ipertensione arteriosa, del diabete (di cui lo stress è importante concausa) e delle malattie polmonari ostruttive croniche. Lo stress, oltre a disturbi a carico del sistema nervoso, della psiche e del comportamento, può comportare anche alterazioni del sistema immunitario.

La Psiconeuroendocrinoimmunologia è una branca delle neuroscienze che studia le reciproche interazioni tra sistema nervoso, sistema endocrino e sistema immunitario, nelle loro implicazioni fisiologiche e patologiche; in particolare, studia gli effetti esercitati dal sistema nervoso autonomo e centrale sul sistema immunitario, e viceversa, mediati anche da interazioni endocrine.

Tali sistemi sono connessi anatomicamente e funzionalmente tra loro e le loro interazioni mantengono l’omeostasi e influenzano il comportamento e lo stato di salute o di malattia. La loro sinergia o il loro disequilibrio può influenzare negativamente processi patologici già esistenti e favorire e cronicizzare lo sviluppo di altri.

La pratica dello Yoga, avendo effetti positivi a livello del sistema nervoso centrale e periferico, del sistema endocrino e della funzione immunologica, può ridurre, e talora evitare, l’instaurarsi di detti meccanismi, migliorando il benessere complessivo e la qualità di vita sia in soggetti sani che in pazienti affetti da malattie croniche, tra cui le malattie reumatiche.

Lo Yoga terapeutico in reumatologia

Nelle malattie reumatiche, gli esercizi Yoga possono ridurre l’uso dei farmaci e aumentare la mobilità e la funzionalità articolare residua, migliorando la qualità di vita del paziente. Lo Yoga viene utilizzato in caso di fibromialgia, rachialgia, osteoartrosi e artriti infiammatorie, quali Artrite Reumatoide (AR) e Spondilite Anchilosante (SA). La pratica Yoga può prevenire o minimizzare i danni articolari, favorendo i movimenti atti a diminuire il dolore; inoltre aiuta a mobilizzare attivamente i muscoli che riallineano i capi articolari.

Di fronte a un paziente con una malattia reumatica è importante considerarne le condizioni individuali, la tolleranza al dolore e la capacità di riconoscere i propri limiti, e, in base a tali dati, valutare se e quando egli può passare dalle sedute individuali a eventuali sedute di gruppo. Gli esercizi iniziali dovranno essere di distensione, decontrazione e rilassamento, allo scopo di rilevare la capacità respiratoria e di adattare le attività a una sempre maggiore coordinazione tra respiro e movimento. Infatti, un ritmo respiratorio corretto consente di mettere in movimento tutto il rachide.

Le malattie articolari infiammatorie e degenerative richiedono uno scarico ponderale; perciò le attività iniziali verranno svolte soprattutto in decubito supino, in uno stato di rilassamento dinamico, in cui gli esercizi si svolgano lentamente, stimolando la percezione di sé al fine di acquisire sempre maggiore consapevolezza, con i seguenti obiettivi:
- non creare ostacoli alla circolazione sanguigna, alla respirazione né ad altre funzioni organiche;
- garantire la massima efficacia con un minimo di energia;
- recuperare movimenti istintivi e innati, come lo sbadiglio, il sospiro, i movimenti spontanei di gioia e quelli di difesa (assai diffusi in questi pazienti).

Il compito del terapista è l’individuazione delle regioni del corpo che più necessitano di contatto, calore e conforto, affinché il paziente possa prenderne coscienza e partecipare all’atto della distensione, nonché la scelta di far eseguire posture Yoga adattate al paziente, che, a causa delle problematiche al sistema muscoloscheletrico, nella gran parte dei casi ha difficoltà a eseguire gli Asana standard, come mostrato nelle figure che riportano sia le posture standard che quelle adattate al paziente reumatico.

Bisogna evitare di provare dolore durante la pratica.

- In caso di dolori articolari acuti, è necessario interrompere l’Asana, considerando l’influenza che il dolore può indurre sul piano sia fisico che emozionale.
- Al primo segno di dolore è necessario che il soggetto che pratica Yoga sia cauto e paziente e che, restando osservatore di se stesso, rifletta sul movimento che può aver provocato la sofferenza, per poi abbandonare lentamente la postura.
- In caso di dolore muscolare, è importante restare aperti alla sensazione accompagnandola, anziché respingerla, perché il respiro aiuta ad attenuarla.
- Lavorare senza tensioni muscolari è già un processo terapeutico.

È importante imparare a usare la respirazione per progredire in una postura. Infatti, trovare la connessione col respiro e rilassarsi profondamente a ogni espirazione e affinare l’attenzione significano progredire nella consapevolezza.

Di fronte a un movimento che crea resistenza è necessario che il soggetto cerchi di comprendere quale può essere l’esercizio migliore da eseguire, e, se possibile, fare in modo da “restare” nel momento presente. Cercando di capire l’esperienza attuale, si può sperare di progredire mantenendo l’intenzione di conseguire lo scopo. Infatti, l’intenzione rafforza il raggiungimento dello scopo e rende il movimento (o il ciclo respiratorio) più determinato.

Indicazioni e controindicazioni

Ogni soggetto richiede un programma personalizzato in base al tipo di malattia e al suo livello di gravità.

Nelle malattie reumatiche sono indicati gli esercizi da eseguire a terra o con sostegni, oppure in piedi. Inoltre gli esercizi non devono essere mantenuti a lungo.

Le torsioni sono in genere controindicate, così come sono da evitare le flessioni sulle ginocchia, che costituiscono una zona vulnerabile, e gli esercizi di equilibrio nella statica eretta.

Anche se in questa sede non è possibile elencare tutte le malattie reumatiche e i più appropriati esercizi consigliati, è importante descrivere le posture di rilassamento e le tecniche respiratorie o Pranayama. L’etimologia di questa parola si fonda su Ayama, che significa “controllo” o “direzione del respiro”, e Prana, che significa “spinta vitale” che dà, al cosmo e agli esseri viventi, la forza della vita, grazie alla quale si verifica il meccanismo del respiro. È interessante sottolineare che l’idea che una forza impalpabile permei l’intero universo è riconosciuta in altre culture orientali: i cinesi la chiamano Qi e ne tracciano il flusso attraverso i “meridiani energetici”; i giapponesi la chiamano Ki e la localizzano in un punto preciso dell’addome.

Le Pranayama rappresentano la base sulla quale edificare poi un progetto di lavoro che si evolve nel tempo.

Shavasana. È detta anche “posizione del cadavere”, giacché si tratta di osservare il proprio ritmo respiratorio in decubito supino, in stato di completa immobilità.
- Come la si esegue: l’esecutore è disteso in posizione supina, braccia lungo i fianchi, palmi rivolti verso l’alto, piedi rilassati e leggermente separati, occhi chiusi. In questa posizione, rilassare tutto il corpo; diventare consapevoli dell’inspirazione e dell’espirazione, contando i respiri se la mente tende a vagare. Mantenendo la mente sul respiro, la mente e il corpo si rilassano.

Nadi Shodana (respirazione a narici alternate). Il nome significa “purificazione dei canali psichici”.
- Come la si esegue: l’esecutore si siede in una postura comoda da mantenere, almeno per 15 minuti, con rachide eretto (anche appoggiato a un sostegno), capo centrato, corpo rilassato. Chiudere gli occhi e, per alcuni minuti, preparare il corpo e la mente alla pratica da iniziare. Il dito pollice della mano destra si pone vicino alla narice destra, in modo da poter controllare il flusso di aria aprendo il lato della narice. Il dito anulare dovrebbe essere vicino alla narice sinistra, in modo da poter controllare il flusso di aria in tale narice. Chiudere la narice destra col pollice. Inspirare attraverso la narice sinistra ed espirare attraverso la stessa. Inspirare ed espirare per 5 volte a sinistra. Togliere la pressione del pollice sulla narice destra. Premere il lato della narice sinistra con l’anulare, per impedire il flusso dell’aria. Inspirare ed espirare per 5 volte a destra. Un ciclo è formato dalla respirazione alternata in ogni narice per 5 volte.
Esistono stadi successivi da eseguire man mano che si evolve nella pratica.

Ujjayi. È un esercizio di respirazione semplice, consistente nel contrarre la glottide per produrre un suono come il gentile russare del bambino che dorme.
- Come lo si esegue: esercitando un controllo sulla pressione del respiro, esso diventa più lento e regolare. Questo tipo di respirazione ha un effetto calmante e favorisce la concentrazione mentale.

Respirazione yogica completa. L’esecutore è seduto in una postura comoda, con schiena eretta, sguardo rilassato, mani sull’addome. Tale Asana si può eseguire pure in posizione distesa e supina.
- Come la si esegue.

  1. inspirare ed espirare lasciando che le mani seguano il movimento dell’addome al ritmo del respiro, per 10 respiri completi;
  2. continuare a inspirare ed espirare portando le mani al torace per seguire l’espansione e la contrazione di quest’ultimo;
  3. portare le mani sulle clavicole osservando come l’inspirazione immetta aria nella parte alta dei polmoni e sollevi le spalle (che invece si abbassano nell’espirazione).
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Figura 1 — Respirazione yogica completa.

Osteoartrosi

Durante la fase dolorosa acuta sono consigliati esercizi di rilassamento allo scopo di migliorare il movimento e di ridurre il dolore.

- Shavasana. Lo stato di vigilanza mentale permette al soggetto di effettuare una scansione del corpo in tutte le sue parti: consente all’organismo di distendersi, calma la mente, aiuta a ripristinare le forze.
- Pranayama. Le tecniche respiratorie permettono di controllare i movimenti del diaframma, di variare la pressione e il suono del respiro e di regolare la lunghezza dell’inspirazione e dell’espirazione.

Osteoartrosi cervicale

Asana favorevoli:

Posture in stazione seduta o eretta che creano stiramento del collo, quali:

- posizione della montagna (Tadasana): si esegue in stazione eretta. Insegna a stare saldamente in piedi e permette di connettersi alla terra con la mente e il corpo, e di prepararsi ad Asana successivi;
- posizione dell’albero (Vrksasana): migliora i meccanismi dell’equilibrio;

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Figura 2 — a. Postura dell’albero standard. b. Postura dell’albero adattata.

- posizione del mezzo ponte (Setu Bandasana): tonifica e rende più elastico il dorso;

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Figura 3 — a. Postura del mezzo ponte standard. b. Postura del mezzo ponte adattata.

- posizione del muso di mucca (Gomukasana): in posizione seduta; si può utilizzare solo la parte alta del corpo, lasciando liberi gli arti inferiori. Questa postura rilassa le spalle e la zona cervicale.

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Figura 4 — a. Postura del muso di vacca standard. b. Postura del muso di vacca adattata, con ausilio.

Asana da evitare:

- posture che fanno pesare il corpo sul collo o nelle quali viene esercitata una pressione sul collo, quali posizione in stiramento intenso di una parte del corpo, posizione a quattro zampe col capo rivolto in alto in massima lordosi cervicale.

Osteoartrosi lombare. Se il dolore si manifesta allo stadio iniziale della malattia possono essere eseguiti esercizi in posizione seduta appoggiando la schiena a un sostegno.

Asana favorevoli posture in decubito supino come:

- posizione della locusta;

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Figura 5 — a. Postura della locusta standard. b. Postura della locusta adattata.

- posizione del cobra;

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Figura 6 — a. Postura del cobra standard. b. Postura del cobra adattata.

- posizione del cane all’insù;
- posizione del coccodrillo;
- flessione delle ginocchia verso il petto.

Asana da evitare (nella fase dolorosa):

- posizioni in stazione eretta, perché gli squilibri statici possono peggiorare le problematiche del rachide;
- posizioni capovolte;
- flesso-estensione delle gambe sul bacino;
- posizione della pinza seduta.

Spondilite anchilosante

È importante che l’esecuzione della postura favorisca l’aumento della capacità respiratoria.

Asana favorevoli:

- posture che impediscono la cifosi, verticalizzando il rachide e favorendo un aumento della capacità respiratoria;
- posizione dell’arco;

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Figura 7 — a. Postura dell’arco standard. b. Postura dell’arco adattata, con ausilio.

- posizione del cobra;
- posizione della locusta;
- posizione in piedi (Tadasana);
- posizione dell’albero;
- tecniche respiratorie di Pranayama: Nadi Shodana, respirazione yogica completa, Shavasana.

Asanada evitare: tutte le torsioni del busto, posture che comportano una flessione del busto in avanti, cioè dalla stazione eretta, quali:

- flessione del busto in avanti;
- pinza seduta (flessione del busto in avanti, con braccia verso i piedi);
- flessione del bacino partendo dalla postura seduta, in avanti a gambe divaricate;
- posizione del bambino (flessione del busto sugli arti inferiori flessi in stato di accentuata cifosi dorsale).

Fibromialgia

L’Hatha Yoga (Ha-Tha: unione tra l’energia lunare maschile e quella solare femminile, tra la terra e il cielo, tra le parti più materiali e quelle più sottili) favorisce il rilassamento fisico, diminuendo l’attività del sistema nervoso simpatico, che abbassa la frequenza cardiaca e aumenta il volume respiratorio. Per queste caratteristiche è indicato per le donne con dolore cronico, stanchezza, rigidità muscolare, disturbi del sonno, ansia e depressione, tutti sintomi presenti nella fibromialgia.

Un gruppo di ricercatori dell’Università di York ha indagato gli effetti dello Yoga sui livelli dell’ormone cortisolo. Partendo dai risultati di precedenti ricerche, che suggerivano come nelle donne affette da fibromialgia questi livelli fossero inferiori alla media, sono state arruolate in uno studio in aperto 22 donne con fibromialgia per sottoporle a un programma di Hatha Yoga che consisteva in 2 sedute settimanali della durata di 75 minuti, per 8 settimane. Il programma migliorava significativamente dolore, catastrofizzazione del dolore, accettazione del dolore e mindfulness e aumentava i livelli di cortisolo nella saliva.

Nella fibromialgia, come nelle altre malattie reumatiche, è necessario che il programma di esercizi sia graduale e personalizzato in base all’entità dei sintomi. È consigliabile iniziare dalle posture supine di distensione e di rilassamento per indurre un regolare ritmo del respiro, che in genere manca quando sono presenti dolore, ansia o depressione.

Successivamente si può passare a posture favorenti l’apertura delle spalle e del torace, insistendo su attività che favoriscano la concentrazione, regolarizzino il ritmo respiratorio, aiutino a eliminare la fatica e a migliorare la qualità del sonno, quali Nadi Shodana e Ujjayi.

Poiché non tutte le persone con fibromialgia tollerano la postura supina, coloro che all’inizio trovano difficoltà a distendersi possono cercare una posizione comoda sulla sedia, restando consapevoli del rilassamento di ogni parte del corpo.

Utile può essere anche lo Yoga Nidra (dalle parole sanscrite Yoga, “unione e consapevolezza”, e Nidra, “sonno”), un metodo più avanzato che induce un completo rilassamento fisico, mentale ed emozionale, durante la cui pratica si appare addormentati, ma la coscienza funziona a un livello di consapevolezza più profondo. Si tratta di uno stato intermedio tra il sonno e la veglia, in cui il contatto con la dimensione conscia e inconscia avviene spontaneamente.

Artrite reumatoide

Lo Yoga, nei pazienti con AR, è percepito come un trattamento sicuro, adattabile alla malattia, che permette il “self-management”.

In tale patologia studi recenti hanno dimostrato l’efficacia di differenti programmi di Yoga su importanti parametri di outcome — disabilità e attività di malattia, disabilità globale, depressione, qualità di vita, dolore, umore, affaticabilità, accettazione del dolore e autoefficacia —, alcuni dei quali si mantenevano al follow up.

In uno studio in aperto, 64 pazienti con AR hanno eseguito un programma di Yoga per una settimana, consistente in 2 sessioni giornaliere della durata di 2 ore e mezza ciascuna. Gli esercizi comprendevano respirazione Yoga, flessioni ed estensioni, rotazioni delle spalle e dei polsi, flessione di gomiti e dita, esercizi per migliorare la flessibilità delle articolazioni. Dopo una settimana tutti i partecipanti presentavano riduzione dei punteggi di disabilità e dei livelli di fattore reumatoide, con un aumento della forza della presa delle mani soltanto nei pazienti di sesso maschile.

Nell’AR anche gli esercizi di rafforzamento più intensi sono utili, se alternati a quelli che favoriscono la flessibilità, in quanto muscoli più forti migliorano la circolazione e prevengono la perdita di tessuto osseo. Occorre comunque usare sempre notevole cautela per evitare riacutizzazioni della malattia.

È importante sottolineare che il mantenimento di una postura per un certo tempo può sostituire gli esercizi di co-contrazione muscolare.

Una ricerca dalla Johns Hopkins University di Baltimora ha dimostrato che lo Yoga, soprattutto se utilizza tecniche di rilassamento e respirazione, riduce tumefazione e infiammazione articolare nei pazienti con AR.