Parte seconda
9. L’osteoporosi

9.c Il metodo Feldenkrais-core integration nella riabilitazione del malato con osteoporosi

Indice dell'articolo

Le linee guida SIOMMMS (Società Italiana dell’Osteoporosi, del Metabolismo Minerale e della Malattia dello Scheletro) 2014 sulla prevenzione e sul trattamento non-farmacologico dell’osteoporosi sottolineano l’importanza dell’attività fisica nella prevenzione delle fratture e raccomandano nei soggetti anziani un’attività fisica di rafforzamento muscolare, di miglioramento dell’equilibrio e di educazione alla deambulazione per prevenire i fattori di rischio dell’osteoporosi, come la disabilità motoria e i disturbi dell’equilibrio.

Non esistono studi randomizzati circa l’effetto dell’esercizio fisico sul trofismo osseo, ma dagli studi caso-controllo emergono considerazioni interessanti e utili sia nella presa in carico del paziente con osteoporosi sia nella fase preventiva:

  • l’adattamento osseo alle stimolazioni meccaniche è locale, interessa le ossa sotto carico e cambia in base al tipo di stimolo e alle caratteristiche di applicazione statiche o dinamiche;
  • le sollecitazioni dinamiche sono più efficaci di quelle statiche e in particolare le stimolazioni in compressione sembrano migliori di quelle in tensione;
  • sollecitazioni in compressione e in trazione sommano il loro effetto osteogenetico;
  • i carichi applicati in modo intermittente sono più osteogenetici di quelli continui, così come la loro intensità è più importante della loro frequenza;
  • l’osso presenta caratteristiche tali per cui resiste meglio a carichi di alta intensità applicati rapidamente, rispetto a quelli applicati in modo lento;
  • il guadagno osseo ottenuto con una pratica fisica regolare si riduce progressivamente dopo la sospensione;
  • attività aerobiche come il cammino veloce determinano un effetto trofico sulle ossa e migliorano le funzioni cardio-polmonari e l’equilibrio, compromesso dalla frequente alterazione posturale (ipercifosi dorsale e iperlordosi lombare, ipercifosi dorso-lombare ecc.), data sia dalla notevole perdita di massa ossea che dall’ipotrofia e ipostenia muscolari.

L’effetto trofico sulle ossa della camminata veloce è dovuto non solo al conseguente rafforzamento muscolare e miglioramento dell’equilibrio, ma anche all’effettiva controspinta che l’appoggio a terra determina attraverso le ossa lunghe degli arti inferiori su per il rachide, fino alla testa. Il teorema dell’impulso (utilizzato in particolare nel campo degli urti, della diffusione e nello studio delle forze impulsive), che possiamo applicare anche al passo, ci chiarisce che, quando il piede poggia a terra, la forza-peso genera una reazione uguale e contraria (III legge di Newton) che dipende dalla massa della persona x la velocità dell’impatto (atterraggio del piede) : per l’intervallo di tempo in cui il piede appoggia. In sintesi, maggiore è l’intervallo di tempo col quale il piede appoggia a terra (camminata più lenta e appoggio podalico ben distribuito) e minore è la controspinta di reazione verso l’alto; viceversa, minore è l’intervallo di tempo (corsa, camminata veloce) e maggiore è la spinta che risale verso l’alto. Considerando che l’effetto osteogenetico è garantito da sollecitazioni a effetto compressivo e decompressivo ritmate, intermittenti e sottocarico, possiamo sostenere che tutte le attività aerobiche o d’impatto o comportanti carico (ad esempio, jogging, calcio, pallacanestro, pallavolo, baseball, sport con la racchetta, ginnastica) hanno effetto osteogenetico.

In soggetti anziani o nelle donne in post-menopausa il campo dell’attività motoria si riduce: sport competitivi o ad alto impatto (calcio, pallacanestro, pallavolo, baseball) non sono indicati, così come non è indicato il sollevamento di carichi importanti e ripetuti, a causa di frequenti comorbilità di patologie tendinee e reumatiche.

L’attività determinante per ottenere il miglior effetto osteogenetico sull’osso torna a essere la camminata veloce, che presenta anche altri aspetti positivi, come quello di essere una delle poche attività motorie “a costo zero”, effettuabile in qualsiasi momento, da soli o in compagnia, a intensità graduabile a seconda del livello motorio del soggetto.

Che si parli di prevenzione all’osteoporosi o di programmi fisiochinesiterapici in soggetti con osteoporosi conclamata, va considerata l’elevata presenza di disfunzioni della postura e quindi di una scadente qualità del cammino nella maggior parte dei soggetti anziani o di donne in età post-menopausale: la rieducazione della deambulazione e dell’equilibrio, come sottolineato dagli studi caso-controllo, dovrebbe dunque essere preceduta da un riequilibrio del Sistema Omeostatico Posturale (SOP), cioè dall’ottimizzazione del Sistema Tonico Posturale (STP) (cfr. cap. 2.a).

Il STP è di tipo:

  • tonico-statico: meccanismo di controllo che permette di ottenere l’equilibrio del corpo in stato di quiete, attenendosi alle regole base di comfort, risparmio energetico ed equilibrio. Il STP statico coinvolge i muscoli a fibra rossa, contrasta le forze di gravità e consente di preparare, modulare e precedere il movimento tramite meccanismi reattivi e meccanismi anticipatori (APA, Anticipatory Postural Adjustment) che regolano il tono prima dell’azione;
  • dinamico-fasico: atto a garantire il controllo propriocettivo di movimenti complessi, muscoli fasici e strategie motorie articolate derivanti da schemi neuromotori complessi e finalizzati.

In una situazione di allineamento muscolo-scheletrico, le forze di spinta e controspinta gravitazionali sono allineate e quindi applicate a ogni singolo baricentro in modo uniforme, con conseguente buon allineamento delle strutture osteo-articolari. Il STP sia statico che dinamico si attiva a bassa intensità per compensare le variazioni dei baricentri durante il movimento, con una conseguente minima applicazione di forze compressive sull’intera struttura osteo-articolare.

In una situazione di disallineamento, invece, il STP statico e quello dinamico si attivano ad alta intensità per contenere lo spostamento dei singoli baricentri durante il movimento, determinando così un aumento del tono basale, con conseguenti accorciamenti muscolo-fasciali che peggiorano l’equilibrio, la stabilità e le performance della struttura, oltre a causare forze di tipo compressivo su alcune superfici articolari, provocando danni osteo-articolari (come discopatie, protrusioni ed ernie discali) o tensioni e contratture muscolari e miofasciali con accorciamento delle catene posturali posteriori (lombalgie, lombosciatalgie). In entrambi i casi siamo in presenza di alterazioni che, sia in fase preventiva che in caso di osteoporosi conclamata, devono essere necessariamente evitate.

Quanto possono incidere sulla prevenzione e sui programmi per il trattamento dell’osteoporosi una postura e di conseguenza un’andatura in cifosi dorso-lombare o priva dell’utilizzo corretto delle catene di rotazione spiralica che garantiscono l’effetto compressivo e decompressivo del rachide, oppure effettuata senza il corretto reclutamento della muscolatura addominale che garantisce stabilità al bacino e al rachide? Quanto è efficace a livello osteogenetico un’andatura che, a causa del disallineamento dei baricentri, non consente una controspinta efficace che attraversi tutta la struttura osteo-artro-miofasciale? Non esistono ancora studi clinici che possano comprovarlo, ma al fisioterapista scrupoloso nel determinare un efficace programma riabilitativo non possono sfuggire tali riflessioni.

Per riequilibrare il SOP sarà necessario procedere a una corretta valutazione sottosistemica svolta con l’ausilio di una cartella utile alla raccolta dei dati anamnestici del paziente e alla valutazione oggettiva di dismetrie, disallineamenti, rotazioni, torsioni sia in ortostatismo che in posizione seduta o in clinostatismo; a questa seguirà una valutazione dei sottosistemi principali, visivo, occlusale, esterocettivo, podalico, vestibolare, che, attraverso trend test di forza di movimento e di posizione, secondo prove di deprogrammazione e riprogrammazione, attivazione e disattivazione funzionali, stabilirà le eventuali interferenze parassitarie sul SOP, garantendo, al paziente, un minimo rischio di recidiva e, al fisioterapista, la possibilità di ottenere un migliore risultato dall’applicazione delle tecniche fisiochinesiterapiche scelte. Se, e solo se necessarie, possono essere applicate ortesi di tipo occlusale (bite), podaliche (plantari ortopedici e solette propriocettive) o visive (lenti prismatiche). Dopo questo primo approccio fondamentale per la valutazione del SOP, sarà necessario valutare anche il STP dinamico-fasico, quello cioè relativo alla gestualità del paziente e agli schemi neuromotori relativi alle funzioni quotidiane e alla deambulazione.

In base alle conclusioni tratte dalle due valutazioni principali, seguirà l’applicazione delle terapie più idonee, scelte tra quelle di tipo globale piuttosto che distrettuale, in quanto ci confrontiamo con quadri disfunzionali relativi a tutto l’apparato osteo-artro-miofasciale e non a un solo segmento settore-specifico. Per l’eliminazione dei compensi relativi a rotazioni e asimmetrie, potranno essere impiegate terapie quali RPG (Rieducazione Posturale Globale), Mézières o la manipolazione della fascia (Stecco); per la riarmonizzazione dei compensi e la correzione degli schemi neuromotori disfunzionali, metodi come il Feldenkrais (cfr. cap. 4.b). Queste due modalità, la prima di tipo statico-strutturale e la seconda di tipo dinamico-funzionale, possono essere utilizzate o in sinergia tra loro o indipendentemente l’una dall’altra, in base ai risultati della valutazione iniziale e alle caratteristiche del paziente.

Riassumendo: in attesa di ulteriori studi clinici derivanti dall’applicazione di programmi specifici per l’osteoporosi o per la sua prevenzione, si ritengono fondamentali una corretta valutazione posturale sia statica che dinamica del soggetto e l’applicazione di tecniche fisiochinesiterapiche di tipo globale mirate al riequilibrio del STP statico e dinamico, affinché il paziente possa sfruttare al meglio il naturale meccanismo di rigenerazione del tessuto osseo, dovuto alla spinta e alla controspinta gravitazionali e affrontare, al massimo delle sue potenzialità motorie, un programma di esercizio terapeutico specifico per la massa ossea.

“OSSA PER LA VITA”: IL PROGRAMMA DI ESERCIZIO FISICO BASATO SUI PRINCÌPI DI FELDENKRAIS

Questo programma, elaborato da Ruthy Alon, una delle prime allieve di M. Feldenkrais e trainer del metodo in Europa e negli Stati Uniti, non è stato ancora validato scientificamente, ma presenta alcuni spunti interessanti che potrebbero essere adottati in previsione di un programma di esercizio fisico per l’osteoporosi in modalità globale.

Essendo basato sui princìpi di Feldenkrais, propriocezione, percezione ed economia muscolare giocano il ruolo principale: l’effetto di trazione sull’osso, esercitato dall’esercizio fisico di potenziamento, viene sicuramente a mancare. Ciò permette, però, al paziente di prendere coscienza della funzione di “sostegno” che la struttura osteoarticolare riveste relativamente all’apparato locomotore, che — in base alla mia esperienza — ritengo un concetto basilare per l’elaborazione di un valido programma di esercizio fisico a effetto osteogenetico. Scaricare le forze attraverso le ossa lunghe è un concetto ben conosciuto dalle arti marziali, che lo sfruttano per ottenere massime stabilità e agilità nelle proiezioni.

Le peculiarità del metodo sono le seguenti.

  1. Gli esercizi sono di tipo globale, secondo un concetto di continuità miofasciale e in modo tale da riorganizzare la dinamica motoria, migliorare l’economia del movimento, ridurre tensioni e rigidità muscolo-articolari e allo stesso tempo chiarire e migliorare la trasmissione della forza attraverso le ossa lunghe, garantendo il rilassamento psico-fisico. Questa caratteristica si rivela utile in particolar modo se applicata a pazienti per i quali l’osteoporosi o l’osteopenia sono una comorbilità di patologie reumatiche articolari, extrarticolari, osteoartrosi o reumatismi infiammatori, che difficilmente potrebbero tollerare programmi terapeutici impegnativi a livello articolare o muscolare.
  2. Gli esercizi sono costruiti in modo da migliorare la qualità e la consapevolezza dell’assetto posturale: abbiamo visto come un migliore allineamento posturale sia fondamentale per esercitare un’efficace controspinta diretta ed equilibrata dal pavimento attraverso le ossa lunghe del corpo, a effetto osteogenetico. La deambulazione migliorerà il suo effetto osteogenetico e ne potranno beneficiare equilibrio, stabilità, rafforzamento muscolare e funzioni cardio-polmonari.
  3. Il programma di Ruthy Alon si sviluppa in complessità, utilizzando un telo di cotone molto lungo, che viene fatto passare dietro al collo, sotto le ascelle e intorno alla vita, in modo da “compattare” la struttura osteo-artro-miofasciale; indossando questa strana ma efficace imbracatura, i pazienti possono eseguire la maggior parte degli esercizi allineandosi mentre eseguono movimenti di tipo ritmico, in compressione e decompressione e applicati in modo intermittente.
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    Figura 1 — Un esercizio svolto a terra per esercitare lievi pressioni sul rachide.
  4. Il programma è strutturato in modo da essere appreso in tempi brevi col sostegno del terapista e svolto a casa, dato che gli esercizi sono semplici e si avvalgono di materiali facilmente reperibili, come un telo di 7 m, asciugamani, piccoli pesi, bande elastiche, permettendo che il guadagno osseo ottenuto con la pratica fisica regolare non si riduca a causa di eventuali sospensioni.